di Fabrizio Di Ernesto
Lo Stato fa la cresta sulle donazioni del cinque per mille della dichiarazione dei redditi. La denuncia arriva dalle associazioni no profit secondo cui, negli ultimi due anni, nelle casse pubbliche sarebbero rimasti più di 172 milioni di euro. Soldi che i contribuenti avevano deciso di destinare ad enti di ricerca ed associazioni varie. Secondo i numeri forniti dal portale del no profit Vita, nel 2011 circa 17 milioni di contribuenti avevano scelto come destinare il cinque per mille portando nelle casse pubbliche 488 milioni di euro; lo Stato però ne ha erogati solo 395, trattenendone quasi 93 milioni. Situazione simile nel 2010 quando le scelte fatte in sede di dichiarazione di reddito avevano garantito 463 milioni, con lo Stato però che ne ha ridistribuiti 383 sottraendone quindi altri 80. Dati confermati ufficialmente dal ministro dell’Economia Stefano Fassina. Non bastassero quindi i tagli al Welfare e alla ricerca con cui i governi continuano a fare cassa, ora la Stato mette in atto una nuova sottrazione di fondi ai danni di questi campi. Con un cinque per mille che, di fatto, negli ultimi due anni si è trasformato in un 4 per mille.
La norma dello scandalo
Secondo lo Stato ovviamente tutto in regola, visto che una norma contenuta nella Finanziaria del 2012 stabilisce che lo gli organi pubblici possono erogare un tetto massimo di 400 milioni di euro tra tutte le associazioni e gli enti scelti. Cifra che però in questi ultimi due anni non è stata nemmeno raggiunta, anche se le scelte dei contribuenti avevano garantito un budget superiore a questo tetto. Ovviamente il mondo del volontariato, costantemente alla ricerca di fondi per le proprie attività, non appena si è reso conto dell’ammanco ha subito chiesto informazioni tramite Edoardo Patriarca, presidente dell’Istituto italiano delle donazioni, nonché parlamentare del Pd, che si era rivolto anche all’Agenzia delle entrate senza ottenere però i chiarimenti desiderati. Della questione si è interessato anche l’onorevole Luigi Bobba, tramite un’interrogazione parlamentare. Nell’occasione il Parlamento ha ribadito il tetto dei 400 milioni ma non ha fornito indicazioni per il ricalcolo del coefficiente in base al quale vengono devoluti i fondi raccolti.
Le reazioni No profit
Come anticipato sopra, il mondo del volontariato e delle organizzazioni No profit ha fortemente criticato questa scelta, parlando di “scippo, furto, decurtamento, sparizione, abuso e sottrazione” senza usare mezzi termini in riferimento all’azione statale. Per provare a far sentire le proprie ragioni ha ora deciso di rivolgersi alla rete organizzando una petizione on line, con la quale si chiede di rendere strutturale la disciplina concernente il cinque per mille perché, dicono, “in quest’Italia anche il cinque per mille è precario”, visto che ogni hanno il governo deve nuovamente inserirlo nella dichiarazione dei redditi.
I più penalizzati
Ovviamente la sottrazione di questi fondi ha penalizzato le tante associazioni che puntano su questi introiti per sviluppare i propri progetti. Tra i più colpiti sicuramente l’Airc, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro, che denuncia di aver ricevuto ben 13 milioni in meno rispetto a quanto avrebbero dovuto incassare se si fosse rispettato in pieno il volere dei contribuenti; soldi che nelle intenzioni dell’organizzazione dovevano servire per finanziare il Programma di oncologia molecolare 2014; una differenza di 250mila euro la lamenta invece il Wwf che dovrà tagliare il budget messo a disposizione per le guardie volontarie per combattere il fenomeno del bracconaggio. Quello dell’associazione Enzo B è un nome che non dirà nulla all’opinione pubblica, eppure questa è una delle tante organizzazioni penalizzate dai mancati versamenti statali che rischia di dover tagliare in modo drastico la sua campagna “Chiamami per nome”, finalizzata alla registrazione anagrafica di tutti i bambini senza identità dei paesi africani per garantirgli un qualche futuro.
Ma a fare il pieno di contributi sono i soliti noti
di Valentino Laureti
Il cinque per mille è una sezione della dichiarazione dei redditi in base alla quale ogni contribuente può decidere di destinare una piccolissima parte delle sue tasse, il cinque per mille dell’Irpef appunto, ad una associazione che si occupa di ricerca, volontariato o attività simili, perfino alle società sportive. Ovviamente per ottenere una cifra consistente è necessario che il maggior numero possibile dei contribuenti scelga lo stesso ente, ragion per cui la parte del leone nella distribuzione di questi fondi è fatto da quelle organizzazione che, o per il loro operato o per il loro fondatore, godono della maggior visibilità possibile; anche se nel 2011 gli italiani hanno diviso le loro scelte tra circa 46mila beneficiari.
La ricerca scientifica
L’ente che raccoglie più fondi è l’Airc, scelta nel 2011 da oltre un milione di contribuenti, maturando il diritto a ottenere più di 34 milioni di euro, una cifra dieci volte maggiore di quella della Fondazione per lotta alla sclerosi multipla, secondo in classifica con 3,8 milioni, o della fondazione creata dall’ex ministro Umberto Veronesi, poco più di tre milioni. Solo quarta in questa classifica la Fondazione Telethon che si deve accontentare di poco meno di 2 milioni. Sempre per quanto riguarda l’associazione per la lotta al cancro da segnalare che questa riceve i fondi anche tra chi sceglie di devolvere il cinque per mille a enti sanitari e tra coloro che lo destinano alle organizzazioni senza scopi di lucro.
Enti no profit
Tra le associazioni senza fini di lucro la parte del leone la fa Emergency di Gino Strada che lo scorso anno avrebbe dovuto riceve 11 milioni di euro, cifra che però lo Stato ha ridotto in modo arbitrario. Tra i più gettonati in questa categoria anche Medici senza frontiere, 8,7 milioni, e l’Unicef, circa 5 milioni e mezzo. In questa categoria rientrano anche le Acli cui gli italiani hanno destinato più di tre milioni.
I Comuni
La legge offre la possibilità di destinare il cinque per mille perfino ai Comuni, per la promozione di attività di carattere sociale, una scelta non molto gradita agli italiani, visto che i tre maggiori beneficiari, Roma, Milano e Torino insieme hanno ottenuto poco più di 800mila euro.