di Stefano Sansonetti
Una storia per certi aspetti incredibile. E di sicuro unica nel suo genere, come confermano dal comune di Roma, dove non esitano a parlare di “una prima volta assoluta”. Lo scorso 25 marzo l’amministrazione capitolina, guidata dal sindaco Ignazio Marino, ha deciso di predisporre un’asta che più curiosa non si può. In vendita sono finiti 200 chilometri di preziosi e sottilissimi fili di nickel, con diametro di 0,025 millimetri e peso complessivo inferiore al chilogrammo. Il tutto a un prezzo base di 55,6 milioni di euro. Insomma, a prima vista il comune sembrerebbe essersene inventata un’altra pur di cercare di fare cassa. E in parte è così. Ma come ci sono finiti in pancia al Campidoglio, per essere più precisi, 197.272 metri di fili di nickel, il cui utilizzo è prezioso soprattutto nel settore dell’elettronica?
L’ORIGINE
Come spiega la determina dirigenziale che ha lanciato l’asta, siamo di fronte a beni dati in pegno al comune a garanzia di un credito di circa 36 milioni vantato dalla capitale nei confronti di un imprenditore. E visto che quest’ultimo, nonostante mille promesse, non ha mai pagato, adesso Marino ha deciso di provare a recuperare i soldi mettendo all’asta i suddetti fili di nickel. I documenti della procedura, firmati tra gli altri anche dal capo dell’avvocatura del comune, Rodolfo Murra, non citano il nome dell’imprenditore. Ma come confermato dall’amministrazione a La Notizia, si tratta del rampante finanziere Giovanni Calabrò, attivo tra l’altro nel commercio delle materie prime, una vita passata in Italia e all’estero tra ville, orologi di lusso e qualche vicissitudine giudiziaria. Ma torniamo alla vicenda romana. A quanto pare Calabrò, molti anni fa, acquistò da una società un credito che quest’ultima riteneva di vantare nei confronti del comune a seguito di un esproprio di terreni. Sul quel presunto credito si innestò una controversia giudiziaria. Ma il finanziere, prima che il giudizio tra la società da cui aveva acquistato il credito e l’amministrazione comunale esaurisse i suoi gradi, incassò la somma dal comune. Quando poi i giudici decretarono l’inesistenza del credito, a quel punto il comune cominciò a far pressing su Calabrò per la restituzione di 36 milioni di euro. Il quale offrì i 200 chilometri di fili di nickel a garanzia della restituzione della somma.
GLI SVILUPPI
Il percorso di questo credito inseguito del comune, ricostruito mesi fa dal quotidiano Il Tempo, adesso si è arricchito di quello che sembra essere l’esito finale, ovvero la procedura d’asta appena firmata. Il fatto è che Calabrò, nonostante le promesse, non ha mai pagato i 36 milioni di euro. Cifra nel frattempo aumentata, se si considera che l’amministrazione sta pagando 18 mila euro al mese il deposito dei beni presso un istituto di vigilanza. La prima asta è fissata per il 5 maggio, a cui seguiranno altre cinque date fino al 10 giugno. In ciascuna di esse sarà ammesso un ribasso massimo del 5%. Se alla fine nessuno si sarà comprato i fili, il comune procederà a trattiva provata. E proverà a concludere un “viaggio allucinante”.
Twitter: @SSansonetti