di Giorgio Ferrini
Anche l’Italia potrebbe avere presto il suo Julian Assange. L’eroe straniero che si rifugia in ambasciata e poi tenta di raggiungere il nostro Paese per sfuggire a un mandato di cattura, naturalmente ingiusto. Solo che nel caso in questione ci sarebbe un piccolo dettaglio decisamente paradossale: il personaggio da salvare, anni fa, ha preso per i fondelli l’intera Penisola. Il fuggiasco dalla faccia tosta si chiama Luis Inacio Lula da Silva, in arte Lula, ex presidente operaio del Brasile e aspirante successore della sua delfina Dilma Rousseff. Lula, che nei giorni scorsi è già stato fermato e rilasciato dalla polizia, è finito nei guai per lo scandalo Petrobras, nel quale stanno venendo fuori le mazzette milionarie pagate dal colosso petrolifero ai politici locali. Nell’inchiesta, che va avanti da anni ma ha avuto una svolta recentemente per il pentimento di un grosso manager, ci sarebbero anche le prove delle tangenti versate ai vertici del Partito dei Lavoratori, quello di Lula. Quando è stato chiaro che l’ex presidente rischia di finire subito in manette, la Rousseff lo ha nominato “ministro capo di gabinetto”, in modo da concedergli l’immunità dalla magistratura ordinaria, ma non è sicuro che la mossa sia sufficiente. Più di un giudice ha sospeso il provvedimento di nomina ed è per questo motivo che Lula in realtà rischia ancora di essere arrestato.
LA FUGA
Ci sarebbe allora un piano “B”, che è stato svelato dal più diffuso settimanale brasiliano, Veja: l’ex presidente si trasferirebbe nell’ambasciata italiana a Brasilia per poi raggiungere l’aeroporto e volare verso l’Italia, mettendosi così in salvo anche grazie alla moglie, che ha il passaporto del nostro Paese. Naturalmente per un’operazione del genere è necessario che ci sia la disponibilità dell’ambasciata, che però ieri ha frenato. In una nota ufficiale, la rappresentanza diplomatica italiana ha definito “false e inesistenti” le informazioni relative all’Ambasciata “e alle presunte conversazioni dell’ambasciatore Raffaele Trombetta”.
AGGANCI
Come per i calciatori, anche Lula avrebbe i suoi parenti italiani da mettere sul tavolo per giocare la sua partita. La moglie Marisa Leticia possiede già il passaporto italiano perché è originaria di Palazzago, in provincia di Bergamo, e ha trasmesso la cittadinanza italiana ai figli poco prima che il marito divenisse presidente, dodici anni fa. Ma c’è un grande “ma”, che l’Italia difficilmente dimenticherà. Lula, cinque anni fa, ci fece una sonora pernacchia negandoci l’estradizione del criminale comune Cesare Battisti, condannato all’ergastolo in contumacia per quattro omicidi, con la scusa che “rischierebbe la morte se tornasse in Italia”. Va detto che nel giugno scorso, a Roma, il premier Matteo Renzi e l’allora sindaco Ignazio Marino hanno accolto Lula con tutti gli onori.