Sono Luigi Nerini, 56enne di Baveno (Verbania) proprietario della Ferrovie del Mottarone, il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini le tre persone fermate nella notte per l’incidente di domenica alla funivia Mottarone in cui sono morte 14 persone. Al termine del lungo interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Stresa (Verbania), i tre sono stati condotti nel carcere di Verbania.
Luigi Nerini, Enrico Perocchio e Gabriele Tardini: i tre indagati per la funivia Mottarone
Luigi Nerini, ha 56 anni e abita a Baveno in provincia di Verbania. Ha ereditato dal padre e dal nonno l’azienda di famiglia. La Autoservizi Nerini di Verbania collega i paesi del lago Maggiore. Poi è arrivata la funivia. La Repubblica racconta che a quel punto lui, anche titolare di un’agenzia viaggi sempre a Verbania, ha successivamente deciso di vendere l’azienda di bus. E si è dedicato esclusivamente alla Ferrovie Mottarone, che ha raggiunto gli 1,8 milioni di euro di fatturato all’anno.
L’imprenditore che gestisce la funivia si aspettava l’iscrizione nel registro degli indagati. Il suo avvocato, Pasquale Pantano, lo aveva preparato: “Dopo che gli
inquirenti avranno sentito i dipendenti, si procederà con l’incidente probatorio”. Nerini sentiva tutto il peso del giudizio mediatico, l’«essere messo subito in croce». Ma, prima di tutto, c’era il «dolore straziante». Non chiude occhio da domenica.
Ma ai carabinieri ha ripetuto che la sua società — Ferrovie del Mottarone — è sempre stata «attentissima al funzionamento e alla manutenzione degli impianti». Nel segno di questo scrupolo, Nerini — è emerso — , ha stipulato un contratto di assistenza full con l’altoatesina Leitner, dalla quale acquistò l’80% delle Funivie di Mottarone, poi fusa in Ferrovie.
Enrico Perocchio e Gabriele Tardini: gli altri due indagati per la funivia Stresa-Mottarone
Enrico Perocchio, uno dei tre fermati per la tragedia della funiva del Mottarone, di cui è direttore d’esercizio, ricopre lo stesso incarico in una funivia ligure. Perocchio è direttore d’esercizio della funivia del santuario Nostra Signora di Montallegro a Rapallo. La notizia dell’arresto dell’ingegnere Enrico Perocchio in comune l’hanno accolta con stupore. Il sindaco Carlo Bagnasco ha dichiarato all’agenzia di stampa Agi che “se hanno arrestato qualcuno ci sono le motivazioni giuste. Per quanto riguarda il nostro impianto, come Comune di Rapallo abbiamo fatto forti investimenti, e lo facciamo in maniera costante. Manutenere l’impianto è un costo molto importante per la nostra città, circa 300-400mila euro l’anno”.
Andrea Da Prato, avvocato difensore di Perocchio, ha fatto sapere che “allo stato attuale, il direttore d’esercizio dell’impianto non è ancora stato sentito dall’autorità giudiziaria né ha rilasciato alcuna dichiarazione”. Le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime (in relazione alle condizioni del piccolo Eitan, unico superstite, ricoverato all’ospedale “Regina Margherita di Torino).
L’accusa: hanno manomesso il freno d’emergenza per soldi
Annamaria Possetti, difensore di Gabriele Tadini, ha invece preferito non rilasciare dichiarazioni. Secondo l’accusa i tre sarebbero stati consapevoli del malfunzionamento del sistema frenante della cabina della funivia. Ma avrebbero deciso, volontariamente, di non intervenire per evitare ulteriori interruzioni del servizio. La scelta di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione, ha causato il crollo della cabina dopo che il cavo trainante si è spezzato per cause ancora in fase di accertamento. Al termine del lungo interrogatorio i carabinieri hanno portato Tadini in stato di fermo nel carcere di Verbania dove il Gip che deve convalidare la misura disposta dal procuratore Olivia Bossi lo ascolterà.
Secondo il procuratore i tre avrebbero manomesso il freno d’emergenza con il forchettone per risparmiare sulla manutenzione: il forchettone che serve per disattivare i freni di emergenza della funivia sarebbe stato volutamente inserito per evitare di dover fermare l’impianto. Secondo quanto detto dal comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani, gli indagati avrebbero ammesso le loro responsabilità: “Verosimilmente lo hanno fatto con consapevolezza – ha detto – per consentire alla cabinovia di continuare a funzionare nonostante il malfunzionamento”.
“Le indagini proseguiranno – ha detto ancora – perché dobbiamo individuare il motivo per cui il cavo si è spezzato. Se sia una seconda anomalia o una coincidenza o sia collegato al malfunzionamento, che ha portato alla disabilitazione del freno”.