Beatrice Lorenzin, vicepresidente del gruppo Pd al Senato, il Def presentato dal governo è l’anticipazione di una manovra lacrime e sangue?
“È difficile immaginare qualcosa di diverso. Abbiamo il disegno di un Def senza un quadro programmatico, ma già rispetto al tendenziale di spesa ci sono più o meno 30 miliardi in ballo. Solo per coprire le misure da rifinanziare, quelle non strutturali tra cui il taglio del cuneo fiscale che cuba 10,7 miliardi, ti servono più di 18 miliardi. Praticamente hai già finito i soldi per la manovra. E poi ci sono i tagli, dolorosi, già presenti in questo disegno: in conferenza stampa ho sottolineato quegli agli enti locali e alle aree metropolitane, che si ripercuotono sulla manutenzione, e alle questioni legate al rifinanziamento delle risorse necessarie per le alluvioni e le calamità naturali. Poi c’è la questione del rifinanziamento del fondo sociale, ma anche le misure sulla maternità, così come il tema dell’assegno per il secondo figlio. Si delinea una manovra senza spazi di intervento. Peraltro tutte le audizioni in commissione hanno evidenziato che la crescita in questi anni sarà legata al Pnrr, quindi dobbiamo sperare che non ci siano rallentamenti, ma oggi vediamo una situazione abbastanza preoccupante”.
Poi c’è la spesa sanitaria…
“Il Def fa una fotografia, sulla spesa sanitaria, di un’assenza di un cambio di rotta rispetto all’ultima legge di Bilancio. Il rapporto della spesa rispetto al Pil è stato del 6,3% nel 2023, 131 miliardi in termini assoluti: sono oltre 3,6 miliardi in meno rispetto a quanto previsto dalla Nadef 2023. Questa riduzione di spesa è data dal fatto che non sono stati rinnovati i contratti del personale. E gli oneri messi nel 2023 sono stati spostati al 2024. Rispetto al 2022 la spesa sanitaria si è ridotta dal 6,7% al 6,3% del Pil. Inoltre il potere d’acquisto delle Regioni è diminuito per l’inflazione. Per il 2024 i 7 miliardi in più che portano il fondo al 6,4% sono un’illusione perché da questi vanno scomputate le risorse per il rinnovo dei contratti che ci portiamo dallo scorso anno, il payback, etc. Poi il rapporto tra spesa sanitaria e Pil si ridurrà al 6,3% nel 2025 e al 6,2% nel 2027, ma anche in termini assoluti cresce poco. Resti ampiamente sotto il 6,6% che è il minimo previsto dall’Ocse per la sostenibilità dei sistemi sanitari e molto lontano dalla media europea”.
Quindi il rischio di tagli alla spesa è concreto?
“Già ci sono. Basta vedere il rinvio del nomenclatore tariffario e dei Lea al 2025! Un vero taglio in prestazioni per Regioni e pazienti. Stiamo navigando alla ceca su una barca senza bussola e senza carburante”.
Il Def vuoto è servito come mossa elettorale per non scrivere nero su bianco i tagli necessari in futuro?
“Ha un doppio obiettivo. Dovevano mandare qualcosa in Europa e poi hanno fatto una misura in cui non c’è scritto nulla, non dicono quali misure applicheranno per il rientro del debito. Lo diranno dopo le europee, sempre che non ci sia una misura correttiva per evitare l’infrazione. Poi abbiamo visto cosa hanno fatto con il nuovo Patto in Ue: l’hanno approvato e poi Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si sono astenuti su un testo che loro stessi hanno approvato. Questo la dice lunga e dimostra che è un Def elettorale”.