Sul caso di Alfredo Cospito, l’anarchico al 41 bis in sciopero della fame da oltre quattro mesi e attualmente nel carcere di Opera, si muove l’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani con la richiesta di informazioni allo Stato italiano e il richiamo a garantire il rispetto degli standard internazionali in materia di detenzione e in particolare della dignità umana.
Sul caso dell’anarchico Cospito si muove l’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani con la richiesta di informazioni allo Stato italiano
Lo fa in risposta a una comunicazione individuale alla Commissione Diritti Umani sulle condizioni di detenzione del proprio assistito inviata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini dopo il rigetto del ricorso per Cospito in Cassazione. L’atto delle Nazioni Unite è stato notificato il primo marzo alla rappresentanza del governo italiano a Ginevra e anche al difensore del 55enne.
“L’Italia fornirà all’Onu le informazioni richieste”, assicura intanto il ministero della Giustizia. “In attesa della decisione sul merito della petizione individuale – spiega il legale assistito dal professore Luigi Manconi, presidente dell’associazione “A buon diritto” – il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha deciso di applicare una misura provvisoria che consiste nel richiedere all’Italia di assicurare il rispetto degli standard internazionali e degli articoli 7 (divieto di tortura e trattamenti o punizioni disumane o degradanti e divieto di sottoposizione, senza libero consenso, a sperimentazioni mediche o scientifiche) e 10 (umanità di trattamento e rispetto della dignità umana di ogni persona privata della libertà personale) del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici in relazione alle condizioni detentive di Alfredo Cospito”.
I legali dell’anarchico hanno annunciato anche un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo
I legali dell’anarchico, che hanno annunciato anche un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sostengono, inoltre, che “nonostante la richiesta dell’Onu, a due giorni dalla notifica dell’atto, nessuna iniziativa è stata assunta dal Ministro della Giustizia per revocare o quantomeno migliorare la condizione detentiva di Cospito”.
A detta dei difensori lo Stato italiano “deve, nel rispetto dei propri obblighi internazionali (assunti con la ratifica del Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite), dare esecuzione a tale misura provvisoria. Rappresenterebbe un grave precedente se le parole del Comitato rimanessero lettera morta, se l’Italia emulasse l’indifferenza dimostrata per l’Onu dai regimi autocratici”.
Il ministero della Giustizia da parte sua fa presente che la richiesta della difesa di Cospito “è stata trattata dalle Nazioni Unite secondo la procedura ordinaria applicabile a ogni petizione ricevuta: l’Onu chiede all’Italia informazioni sul caso e domanda di assicurare che le condizioni di detenzione siano conformi al patto internazionale sui diritti civili dell’uomo e rispettino gli articoli 7-10”.
Intanto è stato diffuso il contenuto di una lettera che Cospito ha scritto nella casa di reclusione milanese a fine gennaio scorso. “La mia lotta – dice l’uomo – contro il 41bis è una lotta individuale da anarchico” e perciò “porterò avanti la mia lotta fino alle estreme conseguenze, non per un ricatto ma perché questa non è vita. Se l’obiettivo dello Stato italiano è quello di farmi dissociare dalle azioni degli anarchici fuori, sappia che io ricatti non ne subisco”.
E ancora. “Non posso vivere in un regime disumano come quello del 41bis, dove non posso leggere quello che voglio, libri, giornali, periodici anarchici, riviste d’arte e scientifiche, di letteratura e di stori. Un regime dove non posso aver alcun contatto umano, dove non posso più vedere o accarezzare un filo d’erba o abbracciare una persona cara. Un regime dove le foto dei tuoi genitori vengono sequestrate”.
E ancora. “Il più grande insulto per un anarchico – scrive – è quello di essere accusato di dare o ricevere ordini”, precisando di non aver “mai spedito ‘pizzini’” ma soltanto “articoli” destinati a “giornali e riviste anarchiche”.