C’è un filo – ancora – che lega le sorti del Partito democratico e quelle del partito unico che ancora non si vede all’orizzonte tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Mentre tra i Dem ci si avvia alle fasi conclusive della sfida per la leadership, i due big del cosiddetto Terzo polo decidono di non decidere fino a lunedì, quando i risultati dei gazebo per il ballottaggio tra Schlein e Bonaccini per la segreteria del Pd saranno chiari e definitiva.
Renzi ha un Piano B nel caso la spuntasse la Schlein. Dare asilo ai dem che mollerebbero il Pd
Al centro, tra renziani e calendiani sono giorni caldi. Il “partito unico” che avrebbe dovuto vedere la luce ancora non si è visto, gli elettori scalpitano ma trovare la quadra è più macchinoso del previsto. Prima ci sono state le accuse di Renzi al suo compagno Calenda di avere personalizzato troppo le regionali portando a casa un misero risultato. Non è un segreto che in Lombardia, ad esempio, Renzi avrebbe preferito vedere campeggiare il nome della candidata Letizia Moratti, ritenuta politicamente più attraente del leader di Azione per la Lombardia.
La convinzione che unire Italia Viva e Azione sia la strada migliore comincia a sgretolarsi
Il morale dopo i risultati è bassissimo e la convinzione che unire Italia Viva e Azione sia la strada migliore comincia a sgretolarsi tra qualche dirigenti e tra parecchi militanti dell’una e dell’altra parte. Non è solo una questione di logo: Renzi sembra non aver più intenzione di rimanere in seconda linea, come deciso per le politiche, e Calenda ai suoi ripete con sempre più insistenza di essere stanco “di fare tutto da solo” mentre Matteo “si gode il sole e i soldi di Ryad”.
Renzi ha un progetto in testa che dipende proprio da chi sarà il prossimo inquilino del Nazareno
E che c’entra il Pd? C’entra, eccome. Renzi ha un progetto in testa che dipende proprio da chi sarà il prossimo segretario. Il ragionamento è semplice. “Matteo crede che la vittoria di Bonaccini determinerà un riavvicinamento con i Dem, ma se a vincere dovesse essere Schlein allora il Pd si spaccherebbe”. E dalle parti del Terzo polo, manco a dirlo, sarebbero felicissimi. A quel punto il “nuovo partito” aspetterebbe ancora per mantenere una federazione pronta ad abbracciare i fuoriusciti inevitabili dell’area riformista tra i democratici.
Nel Pd Lorenzo Guerini, capo della corrente Base riformista che include gli ex renziani mai del tutto ex, prova a frenare confidando in una vittoria del presidente dell’Emilia Romagna che quasi tutti danno per scontata ma nel caso in cui Schlein vincesse nei gazebo una fuoriuscita “esplorativa” verso il Terzo polo di qualche parlamentare sarebbe certa.
Per quel che riguarda il congresso dem dopo il confronto televisivo su Sky tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini gli animi non si sono ancora raffreddati. A chi faceva notare che il presidente dell’Emilia Romagna sia stato meno convincente sulla questione di diritti, Bonaccini ha risposto a brutto muso. “Confronto tra Bonaccini e Schlein. Lui non risponde sul finanziamento della guardia costiera libica. Non parla di matrimonio egualitario e di delle famiglie Lgbt. Non parla del precariato e la sua sul lavoro è insufficiente”, scriveva ieri una sostenitrice di Schlein.
“Approcciando i diritti civili con cultura minoritaria non si è riusciti a conquistare provvedimenti per aumentare i diritti di chi oggi non li ha. Se lei si accontenta di applausi nei convegni, io voglio invece arrivare ad avere maggioranza per conquistarli”, gli ha risposto Bonaccini.
La strategia è chiara: insistere nel raccontare Schlein come “leggera” e troppo “ideologica”. Che Bonaccini abbia vinto in Emilia Romagna con (e grazie) a Elly Schlein è un particolare che si omette spesso e volentieri. Il tutto aspettando l’abbraccio con il Terzo polo un secondo dopo la chiusura dei gazebo. Per ricominciare dagli stessi errori.