Molto difficile possano esserci sorprese nonostante l’opposizione abbia dichiarato battaglia. Sarà il governatore Attilio Fontana a scegliere quando fissare l’appuntamento con le urne, potere esercitato fino a ieri dal prefetto. Resta salvo il superiore potere di un decreto del ministero dell’Interno.
Il governatore della Lombardia Fontana accelera sulla nuova legge elettorale. Con la riforma potrà decidere la data del voto
Il disegno del Centrodestra lombardo sarebbe quello di andare al voto insieme alla Regione Lazio, l’accorpamento delle elezioni lombarde e laziali permetterebbe di risparmiare sui costi ma, al tempo stesso, farebbe il gioco della Lega e del governatore: prima si vota e meno tempo avrebbero Letizia Moratti e l’opposizione per organizzare la propria campagna elettorale.
È in fase di approvazione in Consiglio regionale la modifica alla legge elettorale vigente, la n. 17 del 31 ottobre 2012 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione) che affida al presidente della Regione Lombardia la possibilità di scegliere quando stabilire la data del voto entro un range di tempo prestabilito: massimo 30 giorni prima della fine della legislatura e 60 giorni dopo, ovvero non prima del 4 febbraio 2023 e non oltre il 7 maggio. Non solo.
Il progetto di legge attribuisce al governatore anche la competenza sull’assegnazione dei seggi consiliari alle singole circoscrizioni elettorali: la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni è effettuata dividendo il numero complessivo degli abitanti della regione per il numero dei seggi attribuiti al relativo Consiglio – 80 in Lombardia – e assegnando di conseguenza i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione sulla base dei quozienti interi e dei resti più alti. La popolazione è determinata in base ai risultati dell’ultimo censimento.
La seduta è stata convocata anche in sessione notturna con eventuale prosecuzione nella giornata di lunedì 21. L’opposizione ha chiesto il doppio turno. “L’esito delle votazioni è scontato ma la situazione è paradossale”, commenta il consigliere Marco Fumagalli del Movimento 5 Stelle.
“Alla legge sulla democrazia e cioè la legge elettorale il presidente Fermi ha applicato il regolamento in modo intransigente limitando il tempo di discussione per evitare l’ostruzionismo. Ma è ostruzionismo voler ridurre il peso del premio di maggioranza oppure introdurre il divieto di terzo mandato per consiglieri e Presidente? Siamo qui in aula perché nel 2012 il legislatore regionale non si è allineato alle altre regioni. Dopo 10 anni Fontana si accorge e cerca di porre rimedio a 90 giorni dalle probabili elezioni. In realtà voleva solo avere il potere di indire le elezioni per prendere in contropiede la Moratti”.
Intanto il Partito democratico si lecca le ferite di una direzione regionale che non è riuscita a convergere su un nome da presentare agli alleati. Pierfrancesco Majorino continua a osservare da lontano se il proprio nome possa essere una soluzione unitaria (rispondiamo noi: evidentemente no) e Pierfrancesco Maran attende lo svolgimento delle primarie che nessuno del suo partito vorrebbe.
Un’altra giornata di stallo, l’ennesima che caratterizza un Pd lombardo “esattamente come il Pd nazionale”, dice il consigliere regionale dem Pietro Bussolati. I 5 Stelle aprono a Majorino e i soliti soloni del Centrosinistra – l’ultimo Nando Dalla Chiesa – ancora insistono per convincere il centrosinistra ad appoggiare un nome di destra (Letizia Moratti) per battere la destra. Giusto per dare un’idea del disagio generale.
di Giulio Cavalli e Mariangela Maritato