Lollobrigida lo decanta, ma l’alcol è un’epidemia

Ogni 52 minuti una morte legata all’alcol, ma il ministro Lollobrigida mette in guardia dai rischi dell'acqua. E le etichette restano un tabù

Lollobrigida lo decanta, ma l’alcol è un’epidemia

Anche l’acqua, dice il ministro Francesco Lollobrigida, può uccidere. Lo ha detto per difendere il vino, per respingere le etichette sanitarie, per smontare la narrazione di chi insiste che l’alcol – sì, anche quello nei calici “di qualità” – sia una sostanza tossica. Una sostanza cancerogena. Il ministro ha scelto di fare della retorica contadina una politica pubblica: “Il vino fa bene se non si esagera”. Peccato che i dati dicano altro. E che i morti non siano opinione.

Secondo il rapporto dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di sanità, presentato in occasione dell’Alcohol Prevention Day 2025, in Italia ci sono 8 milioni e 600mila consumatori a rischio. Il 22,2% degli uomini e il 9,3% delle donne. In termini assoluti: più di una persona su sei. Tra questi, oltre 780mila hanno già sviluppato danni sanitari gravi – epatopatie, sindromi neurodegenerative, dipendenza – ma solo il 7% è assistito dai servizi. Il resto è silenzio. Il resto è stigma, solitudine, diagnosi mancate.

Giovani, donne, anziani: chi paga il conto

Crescono i consumatori fuori pasto, quelli che bevono per abitudine o per compensazione. Il 36,6% degli uomini. Il 23,9% delle donne. Una tendenza che si accompagna all’aumento del binge drinking: la pratica di bere grandi quantità in poco tempo, per ubriacarsi. Lo fanno 3 milioni e 900mila italiani, soprattutto nella fascia tra i 18 e i 24 anni, dove si contano 645mila consumatori a rischio. Ma l’allarme riguarda anche i minori: sono 615mila i ragazzi tra i 14 e i 17 anni che consumano alcol nonostante i divieti. Non lo fanno “per errore”, lo fanno perché nessuno li informa. Perché l’alcol è normalizzato, pubblicizzato, servito in ogni contesto, sdoganato da adulti che parlano di “identità” e di “tradizione”.

Intanto, nella stessa Italia che si vanta della sua cultura enologica, si contano ogni anno 10mila morti attribuibili all’alcol. Uno ogni 52 minuti. Tra le donne, nel solo 2023, l’Iss ha stimato 3.200 nuovi casi di tumore al seno causati dall’alcol. Il 45% di questi avviene con consumi inferiori ai due bicchieri al giorno. Non è abuso. È la soglia che molti definirebbero “moderata”. Non lo è. Non più.

E poi ci sono gli anziani. Invisibili. Silenziosi. Inascoltati. Due milioni di consumatori a rischio. Per loro l’alcol diventa spesso automedicazione. Tranquillante. Rifugio. Eppure nessuno parla mai di loro. Nessuna strategia. Nessun programma. Nessuna politica.

L’Italia senza un piano

L’Organizzazione mondiale della sanità chiede da anni di ridurre il consumo dannoso almeno del 10% entro il 2025. L’Italia ha fallito. Non ha un Piano nazionale aggiornato. Non ha una strategia per i giovani. Non ha una rete di presa in carico omogenea. Ha, però, un ministro che si esercita nel paradosso retorico: “Anche l’acqua può fare male”.

I dati dell’Istituto superiore di sanità, come quelli dell’Organizzazione mondiale della sanità, sono chiari: non esiste un livello sicuro di consumo. L’alcol è un cancerogeno di classe 1, come l’amianto e il benzene. Anche a dosi basse aumenta il rischio oncologico. Anche se è biologico. Anche se è prodotto in Italia. Anche se è pagato “il giusto”.

Nel 2022 ci sono stati 27mila incidenti stradali correlati all’alcol. 256 morti. 39mila feriti. Eppure il messaggio che arriva dal governo è quello del bicchiere “che fa bene al cuore”. Della bottiglia “che racconta un territorio”. Del vino che non va disturbato. Né etichettato. Né responsabilizzato. Si può ignorare la scienza, ma non le conseguenze.

Ogni parola pubblica che minimizza i rischi è un ostacolo alla prevenzione. Ogni slogan folkloristico è una coltellata a chi lavora sul campo. Ogni bicchiere celebrato come rito culturale è un segnale pericoloso per chi cresce, per chi si cura, per chi cerca di uscirne. Ogni dato rimosso è un invito alla malattia.

Il vino non è acqua. Ma non è nemmeno una favola. È alcol. E l’alcol uccide, anche se italiano, anche se invecchiato, anche se premiato.