Esiste davvero una loggia massonica denominata “Ungheria” in grado di condizionare nomine e affari oppure si tratta di una gigantesca macchina del fango alimentata da dossier e file audio? In attesa del prossimo plenum del Csm, previsto per mercoledì 5 maggio, continuano ad essere agitate le acque della vicenda dei verbali dell’ex avvocato dell’Eni Piero Amara.
La loggia massonica Ungheria
Le dichiarazioni rese nel 2019 – e nelle quali il legale siciliano parlava di una ‘loggia’ massonica denominata Ungheria – sono state consegnate nell’aprile del 2020, nonostante fossero coperte da segreto, dal pm milanese Paolo Storari al consigliere del Csm Piercamillo Davigo per ragioni di autotutela dopo che, a dire del pm, aveva invano chiesto per sei mesi al Procuratore di Milano Francesco Greco di procedere all’iscrizione degli indagati. La vicenda, già complicata, si è arricchita di un altro dettaglio, anche questo tutto da chiarire.
Uno dei verbali segretati di Amara, sarebbe uscito dalla Procura di Milano già nel febbraio del 2020, ossia almeno un paio di mesi prima che il pm Storari consegnasse quegli interrogatori all’allora consigliere del Csm Davigo. Il particolare, è stato rivelato dal Corriere della Sera on-line e confermato anche da fonti dell’Ansa. A quanto si è appreso, sarebbe stato un altro degli indagati nell’inchiesta milanese sul ‘falso complotto Eni’. Ovvero l’ex manager del gruppo Vincenzo Armanna, anche imputato nel processo milanese sul caso Eni-Nigeria finito con assoluzioni.
Il Corriere spiega ancora oggi che mancano ancora riscontri, a partire dalla lista degli affiliati, l’eventuale sede degli incontri, gli accordi illeciti tra gli iscritti. Amara è stato interrogato a più riprese dai magistrati di Milano e già due volte da quelli di Perugia guidati dal procuratore Raffaele Cantone. Tornerà nei prossimi giorni e sarà richiamato anche il suo socio Giuseppe Calafiore (altro avvocato già condannato) che ha annunciato la volontà di collaborare.
L’inchiesta sui giudici e sugli audio segreti
L’intrigo comincia nel 2019 quando Amara, assistito dall’avvocato Salvino Mondello, comincia a parlare con i magistrati milanesi e dichiara di avere «una lista di 40 nomi che fanno parte della loggia “Ungheria”». Subito dopo precisa però: «La lista completa potete trovarla a casa di un giudice, oppure chiederla a Calafiore che la custodisce all’estero».
Le carte rimangono nell’ufficio di Davigo. E pochi giorni dopo il suo pensionamento quei verbali qualcuno li spedisce in forma anonima ai giornali. Non sono firmati, non ci sono timbri (a conferma che escono direttamente da un computer di uno degli inquirenti). I giornalisti che li ricevono si insospettiscono e denunciano la ricezione del plico.
La Procura di Roma avvia un’inchiesta e accusa la segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto di essere la «postina». Chi indaga perquisisce la donna, nella sua abitazione trova copie di quei verbali. Chi l’ha incaricata di diffonderli? Lei si avvale della facoltà di non rispondere. Per questo nei prossimi giorni Davigo sarà chiamato a spiegare come mai li avesse la sua segretaria.