Chi conduce in queste ore una spietata guerra al Reddito di cittadinanza dovrebbe considerare il monito che arriva dall’Ocse. Dopo una crescita stimata per quest’anno intorno al 6%, l’organismo internazionale con sede a Parigi avverte che la ripresa del Pil continuerà a ritardare e che l’economia recupererà i livelli del 2019, ovvero quelli pre-Covid, solo entro la prima metà del 2022. Stime che dovrebbero far riflettere sull’opportunità di togliere adesso forme di sostegno a famiglie e imprese.
L’Ocse lo dice con chiarezza. “La politica fiscale dovrebbe continuare a sostenere le famiglie e le imprese fino a quando la ripresa non sarà consolidata e più mirata. Revocare prematuramente il sostegno alla liquidità potrebbe indurre alla bancarotta imprese che, in condizioni differenti, sarebbero profittevoli. Aumenterebbero altresì i livelli di disoccupazione e povertà, già notevoli prima del Covid, penalizzando in primis i giovani e le donne”. Nel documento relativo all’economia del nostro Paese, l’Ocse rileva che il sostegno fornito fino a oggi ad aziende e cittadini ha attutito gli effetti della crisi provocata dalla pandemia.
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“Il generoso sostegno del Governo – scrive – ha mitigato le perdite di posti di lavoro e le avversità, e ha altresì preservato la capacità produttiva”. L’Ocse cita esplicitamente il Reddito di cittadinanza confermando quanto si rileva dai numeri dell’Istat e dell’Inps, ovvero che la misura bandiera del M5S ha fatto da argine all’esplosione di situazioni di indigenza tra le persone già in difficoltà. Semmai una critica arriva sul versante delle politiche attive. L’introduzione del RdC, dichiara l’Ocse, “ha contribuito a ridurre il livello di povertà delle fasce più indigenti della popolazione” e sebbene i livelli di povertà siano aumentati con la pandemia, “nel 2020 i trasferimenti pubblici hanno limitato la diminuzione del reddito disponibile delle famiglie al 2,6% in termini reali”.
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Rispetto alla raccomandazione a stabilire una collaborazione con i servizi pubblici per l’impiego, lo strumento, invece, risulta in parte deficitario dal momento che “il numero di beneficiari che di fatto hanno poi trovato impiego è scarso”. Mentre molti migranti non riescono a usufruire del sussidio. Su questo fronte il buon senso suggerisce una revisione del sussidio non certo la sua abolizione come chiedono le destre e Renzi.