Lobby fantasma e accuse vuote. Il Ppe attacca le Ong, ma senza prove

Il Ppe accusa le Ong di fare lobbying per la Commissione, ma i dati mostrano trasparenza e indipendenza nei finanziamenti

Lobby fantasma e accuse vuote. Il Ppe attacca le Ong, ma senza prove

Quando si parla di Ong e Green Deal, i Conservatori europei sembrano aver trovato il loro capro espiatorio preferito. Le accuse sono banali e ripetitive: la Commissione europea finanzia le Ong ambientaliste per fare lobbying a favore delle proprie politiche. Ma dietro queste affermazioni, come dimostra l’analisi di Politico su 28 contratti tra la Commissione e le Ong, c’è ben poco. Propaganda, insomma. 

Le accuse del Ppe: propaganda senza prove

Il programma LIFE, approvato dal Parlamento europeo nel 2020, è stato ideato proprio per bilanciare l’influenza del settore privato nei processi decisionali dell’Unione. Le condizioni per ottenere questi fondi sono pubbliche e accessibili: nessuna clausola richiede alle Ong di allinearsi con le posizioni della Commissione o di esercitare pressioni su altri organi istituzionali.

Le Ong presentano piani di lavoro dettagliati, ma questi sono redatti autonomamente e non subiscono modifiche da parte della Commissione. Le clausole contrattuali, invece, stabiliscono solo norme contro frodi, corruzione e disinformazione, specificando chiaramente che le opinioni espresse dalle Ong non rappresentano necessariamente quelle dell’Unione europea.

Due dei contratti analizzati da Politico menzionano azioni legali per contrastare pratiche agricole dannose per l’ambiente, ma si tratta di iniziative in linea con il diritto ambientale europeo, non di attacchi mirati. Nessun documento fa riferimento a proteste o campagne contro l’accordo commerciale Mercosur, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni esponenti del Ppe.

Trasparenza e indipendenza: cosa dicono i fatti

Il budget del programma LIFE per il periodo 2021-2027 è di 5,4 miliardi di euro, ma solo 15,6 milioni annui sono destinati alle Ong ambientaliste. Il resto finanzia innovazione verde, economia circolare, efficienza energetica e conservazione della natura. Le campagne delle Ong contro l’uso dei pesticidi sono documentate, ma non vi è traccia di attacchi diffamatori contro agricoltori o imprese.

L’assegnazione dei fondi avviene tramite bandi pubblici con criteri rigorosi: le Ong devono essere indipendenti da partiti politici e interessi commerciali. Le domande sono valutate da agenzie come la European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency (CINEA), non dalla Commissione. I controlli e gli audit garantiscono l’uso corretto dei fondi, e i nomi dei beneficiari e gli importi ricevuti sono disponibili online.

Politico non ha trovato alcuna prova di un “lobbying ombra” orchestrato dalla Commissione. Nessun contratto obbliga le Ong a promuovere il Green Deal o a fare pressione su membri specifici del Parlamento europeo. Le attività delle Ong rispettano le normative vigenti e i finanziamenti pubblici favoriscono una partecipazione equilibrata ai processi decisionali dell’Unione.

Le Ong, insomma, contribuiscono a mantenere vivo il dibattito sulle politiche ambientali, offrendo una voce critica che bilancia l’influenza del settore privato. Le accuse dei Conservatori europei non trovano riscontro nei documenti ufficiali: i finanziamenti del programma LIFE sono trasparenti e regolamentati, destinati a sostenere la partecipazione civica e la tutela dell’ambiente. Le critiche del Ppe sembrano più un tentativo di delegittimare il Green Deal che una denuncia basata su fatti concreti.

In un’Europa dove le voci indipendenti continuano a trovare spazio, è proprio questo equilibrio che sembra spaventare chi preferisce un dibattito monopolizzato dagli interessi economici più forti. Le Ong fanno le Ong, semplicemente. Resta da vedere se la politica fa la politica, mantenendo le promesse fatte, oppure si trincera dietro nemici immaginari.