di Angelo Perfetti
Al di là dell’astensionismo, c’è un altro dato omogeneo in tutta Italia: il calo del Movimento 5 Stelle. Se a Roma riesce a superare il 10 %, in gran parte dello Stivale si attesta intorno al 5 %. Magra figura, per chi doveva rappresentare lo tzunami. I grillini hanno pagato più dei partiti l’immobilismo parlamentare. Non certo perché avessero più colpe dei partiti tradizionali, anzi, ma perché si proponevano come l’essenza della rivoluzione, salvo poi arrivare con le armi spuntate alla prova del cambiamento. Il dibattito immediatamente scaturito in rete si è appoggiato su canoni fin troppo scontati, dall’ostracismo giornalistico al vuoto televisivo, dalla polemica sugli scontrini al sistema che rema contro. Visione miope quella del vittimismo a tutti i costi; molto più prosaicamente la gran parte delle persone che aveva dato fiducia a Grillo e ai suoi fedelissimi lo faceva in nome di un cambiamento che non c’è stato. Certo il Movimento 5 Stelle è stato coerente, ha restituito i rimborsi elettorali, tagliato gli stipendi, compresso le diarie. Ma non era questo il motivo per cui in tanti avevano votato Grillo, e in qualche modo il voto d’astensione è stato un segnale anche e soprattutto per loro. Anche in virtù del fatto che mentre a livello nazionale è possibile identificare un progetto con il leader, a livello locale c’è bisogno di un personaggio al quale affidare il proprio messaggio in maniera credibile; l’idea che una persona pulita, quale che sia, potesse incarnare il cambiamento si è rivelata perdente. Il flop dei 5 stelle alle amministrative e’ destinato comunque a lasciare il segno. Pochi i commenti ufficiali da parte dei grillini, perché il ‘consiglio’ era di evitarli, ma alcuni deputati (i piu’ critici) non si dicono stupiti dal risultato. Si paga, è questo il loro ragionamento, la strategia politica sbagliata seguita in questi mesi. Anche se per Beppe Grillo e per i più integralisti di M5S la colpa – com detto – è degli altri, soprattutto i giornalisti che si occuperebbero solo di gossip. Intanto però, c’è già
qualche ‘cittadino portavoce’ tentato dall’abbandono del gruppo
per mancanza di democrazia e il primo pronto a ‘emigrare’ nel gruppo Misto, sarebbe Adriano Zaccagnini, già definito l’’eretico’ del gruppo per le sue posizioni troppo critiche e controcorrente. Poi ci sono i partiti tradizionali, che per l’ennesima volta hanno dovuto constatare di non essere maggioranza. I ballottaggi hanno segnato un Paese diviso, anche se – a sorpresa – il centrosinistra si è dimostrato più performante del Pdl un po’ in tutta Italia. A dispetto dei sondaggi che volevano il centrodestra avanti e in netto recupero, la compagine del neo segretario Epifani ha retto. Sondaggi fallaci? Non proprio. Il dato amministrativo è particolare e non sovrapponibile al dato politico nazionale. Lo abbiamo visto con Grillo, lo vediamo anche con il centrosinistra. Sarebbe sbagliato stappare lo spumante per qualche Comune conquistato, tantomeno lo sarebbe fermandosi ai soli ballottaggi. Di contro i numeri sono numeri, e il centrosinistra può legittimamente provare a ricostruire qualcosa “di sinistra” partendo dal dato incamerato. La conquista della roccaforte del centrodestra Imperia è un segnale importante. Ma anche il Pdl può vantare, come successo, il dominio sulla Puglia.