Sembra proprio che in Italia non si riesca a vivere senza polemiche. Così mentre il governo giallorosso, per evitare passi falsi, nomina un pool di esperti diretto da Vittorio Colao per stabilire e garantire la sicurezza durante la prossima fase 2, quella in cui verrà allentato il lockdown, c’è chi alza la voce e minacciare di far tutto da sé. Un fronte, quello dei governatori ribelli, capitanato dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana, a cui si è accodato quello del Veneto, Luca Zaia. Ad aprire le danze è stata la proposta, a dir poco provocatoria, lanciata dall’inquilino del Pirellone che, in modo incomprensibile, ha chiesto al Governo di “riaprire le attività produttive dal 4 maggio” seguendo le cosiddette Quattro D – distanza, dispositivi, diagnosi e digitalizzazione – diventate il fronte dello scontro tra Roma e Milano. Una richiesta che sarebbe comprensibile se la Regione non stesse vivendo, ormai da mesi, un’emergenza sanitaria infinita e, soprattutto, se non più tardi di sabato scorso proprio il governatore Fontana non avesse emesso un’ordinanza nella quale imponeva misure più stringenti di quelle previste dal governo, negando, ad esempio, la riapertura delle librerie.
DUBBIO E GIRAVOLTA. Un dietrofront in nemmeno 5 giorni che appare schizofrenico e che non può che indurre il dubbio che la questione sia strettamente politica. Non lo nasconde la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, secondo cui: “Visto che dal primo giorno è stato tutto un disattendere e contraddire il governo, dobbiamo interrogarci se non sia una ragione politica quella che porta la Lombardia a prendere le distanze dal lockdown”. Stessa domanda che si pone il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che chiede se “la ripartenza il 4 maggio in Lombardia l’ha decisa la Regione o Matteo Salvini? Stanno passando dal terrore sul numero dei contagi di due giorni fa al liberi tutti. Serve equilibrio”. Finito al centro delle polemiche Fontana si è esibito nell’ennesima giravolìta. Incalzato dal viceministro del Mise, Stefano Buffagni, che gli aveva ricordato come la Regione aveva sostenuto una linea “fortemente restrittiva”, il governatore ha detto di esser stato frainteso e che “le attività produttive sono di esclusiva competenza del governo centrale”.
FRONTE NORDISTA. Nel frattempo però è sceso in campo il collega di partito Zaia. Il presidente del Veneto ha preso la palla al balzo e ha detto: “Se ci sono i presupposti di natura sanitaria dal mondo scientifico, dal 4 maggio o anche prima si può aprire con tutto”. Ovviamente, spiega il governatore del Veneto, “dal 4 maggio dobbiamo essere tutti pronti con dispositivi, regole, ovviamente negoziati con il mondo delle parti sociali e quello dei datori di lavoro. A me risulta che questo lavoro si stia facendo a livello nazionale con questa prospettiva”. Parole che sembrano tentare una riappacificazione ma che, dopo poco, Zaia si è rimangiato: “Non escludo che alcune attività possano essere anche messe in una griglia di partenza, magari, un po’ prima. Immagino che la deadline sia il 4 maggio”. Ma c’è di più perché, ecco l’ennesimo strappo con cui si rischia di vanificare il lavoro del pool diretto da Colao, ha fatto sapere: “Noi abbiamo completato il nostro master plan per la riapertura, abbiamo voluto scrivere delle regole che siano uguali per tutti. Le affronteremo domani con assessori, parti sociali e con il mondo datoriale, a cui proporremo la nostra bozza”.