Dopo 26 anni di reclusione, il boss dei Casalesi Francesco Schiavone, detto ‘Sandokan’, ha deciso di collaborare con la Giustizia. Catello Maresca, magistrato antimafia noto per essere stato membro del pool che nel 2011 catturò il boss dei Casalesi Michele Zagaria, come la fa sentire questa notizia?
“La sensazione che ho avuto è che lo Stato vince sempre. Magari ci vuole un po’ di tempo perché sono percorsi lunghi però poi il risultato arriva. Il clan dei Casalesi così come lo conoscevamo, ossia come uno dei più pericolosi ed efferati al mondo, ormai è finito”.
Quali sono i casi irrisolti su cui potrebbe e dovrebbe rendere dichiarazioni?
“C’è un dato immediato che dobbiamo rilevare ossia che dopo Iovine, Schiavone è il secondo nel quadrumvirato che si pente. Quando decidono di collaborare i capi, è il segno che il clan non c’è più. Sandokan ha notizie dirette perché ha partecipato nel creare la mafia imprenditoriale dei Casalesi quindi mi aspetto che riferisca sui grandi interessi economici, sugli investimenti del gruppo Schiavone e di tutto il clan, sulla capacità di infiltrare gangli della politica locale e nazionale. Mi aspetto che parli anche della questione dei rifiuti e in particolare di quella della terra dei fuochi. Questi sono i veri temi su cui Schiavone può dare un contributo determinante perché è lui che, in gran parte, ha creato, coltivato e sviluppato”.
Se Schiavone vuotasse il sacco, cosa potrebbe accadere nel mondo della Camorra? Crede che altri boss potrebbero seguire l’esempio di Sandokan?
“In genere queste collaborazioni eccellenti non sono mai solitarie. Di norma portano appresso altre scelte di questo tipo e speriamo che anche questa volta tale dinamica trovi conferma. Detto questo di personalità del livello di Sandokan ormai ne resta soltanto una e mi riferisco a Michele Zagaria che potrebbe disvelare altre vicende di alto profilo criminale. Ci tengo a ribadire che, a mio avviso, con il pentimento di Schiavone la Camorra dei Casalesi è finita e questo sicuramente è un dato positivo che ci dà, oltre alla grande soddisfazione, un ristoro per i tanti sacrifici che abbiamo dovuto affrontare in questa decennale battaglia che ha visto impegnati magistrati, le forze dell’ordine e le tante persone per bene che hanno dovuto subire la dominazione di questo temibile clan. Tuttavia questo non significa che la mafia in queste terre non possa riprendersi e svilupparsi con modalità e soggetti differenti, per questo bisogna tenere alta la guardia”.
Qualcuno ipotizza che dietro alla decisione del boss si possa celare l’intenzione di mandare un messaggio a qualcuno fuori dal carcere che sta provando a riorganizzare il clan oppure che sia un espediente per evitare l’ergastolo…
“Onestamente lo trovo improbabile. Sopratutto l’ipotesi del messaggio non mi convince perché i mafiosi sono abituati a mandarli attraverso altri sistemi. Personalmente credo che sia davvero la scelta di chi ha preso atto che quel clan ormai non esiste più. Noi abbiamo fatto migliaia di arresti e i milioni confiscati non si contano più. Se ci si reca nella provincia di Caserta, è tutto cambiato rispetto agli anni ‘90 al punto che per gli uomini del clan è complicato perfino gestire materie ordinarie come la droga, il traffico dei rifiuti e il controllo dell’edilizia”.
Il pentimento di Schiavone dimostra che il regime carcerario del 41bis è ancora valido?
“Da questo punto di vista sono un seguace fedele del pensiero di Giovanni Falcone che è stato colui che ha preso l’istituto del 41bis e l’ha portato dall’antiterrorismo, dov’era nato, alla criminalità organizzata. Bisogna spiegare a tutti che il 41bis nasce con l’esigenza di evitare ai mafiosi e ai terroristi di comunicare con l’esterno e su questo punto non si può fare marcia indietro. Per questo si tratta di un istituto da tutelare e in parte va modificato, come fatto dal governo, per rispondere alle esigenze e alla giurisprudenza europea. Ma per nessuna ragione deve essere abolito”.
Si dibatte molto sui paletti stringenti imposti alle intercettazioni e sulla decisione del governo di abolire l’abuso d’ufficio. Teme che tali modifiche indeboliscano il contrasto alle mafie?
“La modifica delle intercettazioni, come sottolineato dal governo, non incide sui reati di mafia. Sui reati spia, tra cui l’abuso d’ufficio, io ho una mia idea ossia che vadano rafforzati i presidi di controllo amministrativi. Faccio l’esempio per tutti con il Coreco, Comitato regionale di controllo, che accendeva una sirena sull’illegittimità degli atti amministrativi degli enti locali ma che tempo fa è stato abolito. Secondo me bisogna puntare sulle attività di controllo preliminari e attraverso queste alla segnalazione alle autorità competenti che permettono di conseguire grandi risultati”.