Di Stefano Sansonetti
Il dettaglio diabolico non poteva che nascondersi nel girone dantesco degli emendamenti. E quello che ne è già nato è uno scontro a dir poco aspro tra il ministero dello sviluppo economico, guidato da Federica Guidi, e alcuni grandi gruppi energetici, soprattutto esteri. I quali stanno muovendo un accusa grave, che può essere riassunta così: altro che alleggerimento della bolletta elettrica, se va in porto una certa operazione qui a rimetterci saranno gli italiani chiamati a sobbarcarsi altri costi. Il contesto è quello del decreto legge Competitività (n. 91 del 2014), quello attraverso il quale il governo di Matteo Renzi ha promesso un abbattimento del costo dell’energia elettrica, soprattutto per le imprese. Il tutto allungando nel tempo la distribuzione degli incentivi ai produttori di energia da fonti rinnovabili, il cui peso è sostenuto da tutti gli italiani nella bolletta.
La proposta choc
Si dà il caso che nei giorni scorsi alle commissioni industria e ambiente del senato, che stanno esaminando il decreto, sono arrivati due emendamenti che stanno scatenando un terremoto. Presentati da alcuni senatori di Pd (Tomaselli) e Ncd (Mancuso, Caridi), intenderebbero consentire al Gse spa (Gestore dei servizi energetici) di vendere su mercati nazionali ed esteri “l’energia elettrica ritirata nell’ambito dei regimi di incentivazione”. Ecco come funziona. Il Gse, formalmente controllato al 100% dal ministero dell’economia, agisce in realtà sotto l’egida del ministero dello sviluppo. Il suo compito principale è quello di gestire gli incentivi per l’energia elettrica prodotta proprio dagli impianti a fonti rinnovabili (una torta della bellezza di 6 miliardi di euro l’anno solo per il fotovoltaico). Tra le altre cose la società, guidata nella veste di presidente e amministratore delegato da Nando Pasquali (manager lanciato a suo tempo da Claudio Scajola), ritira e colloca sul mercato l’energia prodotta dagli impianti incentivati. Insomma, gli emendamenti vorrebbero mettere il Gse nella condizione di vendere proprio questa energia, “anche attraverso la stipula di contratti di compravendita di energia elettrica su mercati a termine”. A quanto pare si vorrebbe delineare la trasformazione del Gse, oggi di fatto un gestore dal profilo istituzionale, in un vero e proprio operatore di mercato. Il passaggio in questione, contenuto nelle proposte di modifica, ha letteralmente mandato su tutte le furie l’Aiget, ovvero l’associazione italiana di grossisti di energia e trader. Dietro, tra i tanti, ci sono big dell’energia italiani ed esteri come Iren, Gala, Duferco Energia, gli svizzeri di Axpo, gli inglesi di British Petroleum, i francesi di Suez Gdf ed Edison, i norvegesi di Statoil. Per tutti il contenuto dei due emendamenti è a dir poco illegittimo. Innanzitutto l’eventuale commistione del ruolo di gestore istituzionale e operatore di mercato non farebbe altro che far esplodere in capo alla società un conflitto d’interessi. Poi ci sarebbe un problema piuttosto evidente di concorrenza sleale, visto che secondo l’Aiget il Gse potrebbe sfruttare vantaggi informativi a danno degli altri operatori. Ma soprattutto lo scopo di alleggerimento del costo della bolletta, indicato nel decreto Competitività e ribadito dagli emendamenti, verrebbe drammaticamente mancato. Per far fronte alle nuove funzioni, infatti, il Gse dovrebbe dotarsi di nuovo personale e sostenere costi a non finire. E questo non farebbe altro che riflettersi sulla bolletta, che già adesso, oltre agli incentivi alle rinnovabili, ingloba i costi operativi della società di Pasquali. La quale, dal canto suo, dice invece che l’effetto sarà opposto.
Lo scenario
La guerra tra lobby, quindi, è già cominciata e bisognerà vedere che esito avranno le proposte di correzione. Nel frattempo, sempre dal Senato, è arrivata nei giorni scorsi una durissima interrogazione del leghista Raffaele Volpi, che attacca sempre il Gse. Nel mirino il decreto Competitività, nella parte in cui attribuisce alla società il potere di proporre al ministero dello sviluppo l’entità delle tariffe con cui lo stesso Gse si fa remunerare l’attività di verifica e controllo degli incentivi. Il fatto è, per l’interrogante, che anche qui c’è un macroscopico conflitto d’interessi, visto che il provvedimento sulle tariffe viene redatto dal ministero medesimo, in particolare dalla Direzione generale per il mercato elettrico, le rinnovabili, l’efficienza energetica e il nucleare. E chi è a capo della direzione? Rosaria Fausta Romano, che allo stesso tempo siede nel consiglio di amministrazione del Gse. Infine il senatore leghista chiede conto al ministero di come sia possibile che la società vada assumendo “un potere di spesa illimitato” proprio nel momento in cui non rinnoverà il contratto a 63 giovani. Un menù ricco, come si vede, che nei prossimi giorni è destinato a offrire altre portate.
@SSansonetti