di Nicoletta Appignani
Sono sei uomini di spicco di Cosa Nostra e sono liberi. A scarcerare i sei boss palermitani, è stata la Corte d’appello di Palermo, che ha rideterminato le condanne loro inflitte escludendo l’aggravante della recidiva. Un cavillo burocratico che però fa una differenza enorme, come raccontano i festeggiamenti in certi quartieri del capoluogo siciliano: tolta l’aggravante, via agli sconti. E in molti casi porte del carcere aperte con largo anticipo. I nomi in questione sono di quelli che pesano, dentro Cosa Nostra. Si tratta di Salvatore Gioeli, Nunzio Milano, Settimo Mineo, Rosario Inzerillo, Emanuele Lipari e Gaetano Badagliacca. Tutti condannati a vario titolo nel processo Gotha, quello che vedeva alla sbarra gregari e colonnelli del boss Bernardo Provenzano. Un atto d’accusa contro i padrini delle famiglie palermitane nato da mesi di intercettazioni nel box in cui Nino Rotolo, padrino all’epoca ai domiciliari, riceveva gli uomini d’onore. Il provvedimento, raccontato dal quotidiano LiveSicilia, è stato emesso dai giudici di secondo grado chiamati a pronunciarsi sulle pene da comminare agli imputati dopo un annullamento con rinvio della Corte di Cassazione.
Lo sconto
I sei mafiosi erano stati condannati a pene superiori a dieci anni. Gli ermellini hanno poi rimesso tutto in gioco, stabilendo l’illegittimità del calcolo della condanna inflitta sulla base dell’applicazione della recidiva e rinviando in appello le posizioni processuali per la sola rideterminazione temporale della condanna. Da qui, uno “sconto” di due-tre anni a testa. Non solo. La decisione, infatti, potrebbe avere anche ripercussioni in futuri procedimenti per mafia. “Sarà interessante leggere le motivazioni. Di certo, comunque, di questa sentenza si dovrà tenere conto per i prossimi procedimenti”, è il commento della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. “La Procura e gli investigatori, come da prassi, monitorano il reinserimento nella società di soggetti condannati per mafia e scarcerati. Si tratta di scarcerazioni per fine pena previsti”. spiega il procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci.
La vicenda
Il primo a impugnare la condanna è stato Salvatore Gioeli, condannato nel 2010 a scontare 15 anni di carcere per associazione mafiosa. La pena definitiva era il cumulo dei dieci anni inflittigli per il reato sommati ai cinque per la recidiva. Un calcolo però contestato dai suoi avvocati che hanno citato una sentenza della stessa Cassazione secondo la quale “la recidiva è circostanza a effetto speciale quando comporta un aumento di pena superiore a un terzo e, pertanto, soggiace, in caso di concorso di circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla regola dell’applicazione della pena prevista per la circostanza più grave”. Ricorsi analoghi sono stati poi presentati dai legali degli altri imputati. E così la Corte di Cassazione, accogliendo le impugnazioni, ha annullato tutte le condanne rinviando il processo alla Corte d’Appello. I giudici palermitani si sono quindi limitati a rideterminare le condanne, pesantemente ridimensionate: è il caso, per esempio, di Nunzio Milano che ha avuto uno sconto di 560 giorni.
Il gotha di Cosa Nostra
I sei scarcerati sono tutti fedelissimi del boss Nino Rotolo. Milano è figlio di un padrino storico, Nicola; Salvatore Gioeli, 47 anni, prese il posto di Nicola Ingarao, poi ucciso, alla reggenza del mandamento di Porta Nuova. Emanuele Lipari, 53 anni, è un altro personaggio di spicco del clan. Settimo Mineo, 75 anni, era affiliato al mandamento di Pagliarelli. Di Altarello di Baida, invece, Rosario Inzerillo, 63 anni. Infine, Gaetano Badagliacca, 68 anni, è un nome storico tra gli uomini d’onore del quartiere Rocca-Mezzomonreale. Come recitava il nome del maxiprocesso che li vide imputati e condannati, sono davvero il gotha di Cosa Nostra a Palermo. Dove infatti alla scarcerazione si è fatta festa.