Tempi biblici dalla pubblicazione dei bandi, e finanziamenti erogati quando molte delle aziende vincitrici – in gran parte start up e imprese a gestione personale – sono state costrette a chiudere. La battaglia per l’erogazione dei fondi del Psr, il Piano di sviluppo rurale, ha visto per anni il consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle Michele Cammarano, oggi presidente della Commissione Aree Interne, incrociare la spada con la giunta e l’allora consigliere per le Politiche Agricole Franco Alfieri, il “re delle fritture” come lo battezzò il governatore Vincenzo De Luca per la sua conviviale capacità di raggranellare preferenze.
Consigliere Cammarano, come stanno oggi le cose?
“Nella precedente legislatura si sono verificati cambiamenti nei criteri di ammissione ai finanziamenti che hanno avuto un impatto negativo sulle aziende. Abbiamo lavorato per trovare soluzioni e talvolta ci siamo riusciti, ottenendo ad esempio lo sblocco dei fondi del Progetto Integrato Giovani. La collaborazione con l’assessore Nicola Caputo ha portato allo stanziamento di 62 milioni di euro per il primo insediamento dei giovani agricoltori campani. Ma c’è ancora molto da fare. Stiamo lavorando per prevedere misure dedicate alle microimprese, che rappresentano la maggior parte del tessuto agricolo”.
In Campania si contano circa 25mila imprese agricole, che rappresentano il 20% dell’intero settore al Sud. Ritiene che i governi nazionali abbiano investito adeguatamente?
“Riconosciamo gli sforzi compiuti da alcuni governi sull’agricoltura ma non è abbastanza. In Campania andrebbero fatti maggiori investimenti per promuovere la sostenibilità, modernizzare le pratiche agricole, favorire l’accesso ai finanziamenti, consentire agli agricoltori che operano nelle aree interne di restare. Penso anche ai cambiamenti climatici che minacciano la redditività dell’agricoltura e dell’allevamento. In Consiglio regionale ho depositato una proposta di legge affinché si adottino politiche orientate al raggiungimento della neutralità climatica. Dobbiamo partire dalla dimensione locale se vogliamo cambiare le cose”.
Nelle scorse settimane il governatore De Luca è tornato ad attaccare il governo Meloni sulla manovra, facendo riferimento questa volta all’errore di aver centralizzato anche i programmi agricoli. Lei è d’accordo? E quali sarebbero i danni di questa strategia?
“Quello del governo e del ministro Lollobrigida è un approccio scorretto, che non aiuta ad ottimizzare i fondi a disposizione, e al contrario fa sprofondare il Paese nella palude della burocrazia. Concentrando tutte le decisioni a livello centrale, si relegano le Regioni a meri enti intermedi, trascurando il potenziale vantaggio derivante dalla gestione più locale e mirata delle risorse”.
I 5S hanno votato contro la legge che vieta la produzione e commercializzazione delle carni da laboratorio, definendola “oscurantista”.
“La nostra è una decisione basata su considerazioni pragmatiche per lo sviluppo del Paese, non su motivazioni ideologiche. Riteniamo che non sia utile mettere un freno allo sviluppo di questo comparto e della ricerca ad esso collegata. La carne coltivata è una realtà e ragionare in termini di divieti è del tutto inutile. La maggioranza dovrebbe concentrarsi sui gravi problemi del settore agricolo invece di normare questioni che saranno regolamentate a livello europeo e globale nei prossimi anni”.