Di provare ci ha provato pure. L’epilogo però non è stato quello sperato. Il governo, con il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, nell’ennesimo round con i benzinai, nel tentativo disperato di disinnescare la miccia dello sciopero, ha provato ad allentare la stretta sulle sanzioni e sull’obbligo di esporre i prezzi ma senza successo.
Arriva la modifica del decreto, ma ai sindacati non basta e i benzinai confermano lo sciopero del 25 e 26 gennaio
Anzi se, nello scorso faccia a faccia, una sigla era apparsa più morbida verso il governo ora i sindacati si ricompattano per ribadire a gran voce che la mobilitazione viene confermata. Resta quindi la chiusura di 48 ore delle stazioni di servizio, anche dei self service dalle 19 del 25 gennaio al 19 del 26.
Faib Confesercenti, Fegica e Figisc-Anisa Confcommercio – che dicono di rappresentare il 60-70% della categoria di circa 22.000 gestori – si aspettavano ben altre aperture rispetto a quelle prospettate da Urso e sul fronte di “sanzioni abnormi” e su quello di “cartelli non pertinenti” ma hanno avuto l’impressione che il governo abbia “le mani legate” e abbia voluto rimandare le decisioni in Parlamento. Il decreto per la Trasparenza dei prezzi è stato già incardinato in Commissione Attività produttive della Camera e martedì cominciano le audizioni.
Ma vediamo le aperture di Urso. Fermo restando l’obbligo di esposizione del prezzo medio regionale, il governo ha deciso di posporre l’emanazione del decreto ministeriale che definirà le modalità di comunicazione e di esposizione dei prezzi, entro 10 giorni dalla conversione del decreto legge.
L’obbligo di comunicazione sarà settimanale e ad ogni variazione del prezzo
Tra le modifiche apportate viene stabilito che l’obbligo di comunicazione sarà settimanale (e non più giornaliero) e ad ogni variazione del prezzo. La chiusura per omessa comunicazione avverrà solo dopo 4 omesse comunicazioni settimanali nell’arco di 60 giorni (e non più dopo tre violazioni senza limiti temporali anche non consecutivi). L’eventuale chiusura potrà essere decisa da 1 a 30 giorni (prima la previsione era da 7 a 90 giorni).
Le sanzioni per omessa comunicazione saranno da un minimo di 200 a un massimo di 800 a seconda del fatturato dell’impianto (prima raggiungevano i 6000 euro). Inoltre, sempre per favorire la massima trasparenza, è prevista l’istituzione di una App del ministero gratuita che consentirà di conoscere il prezzo medio regionale e, con la geolocalizzazione, anche il prezzo praticato da ciascun distributore nel perimetro desiderato. In una conferenza stampa, dopo il tavolo tecnico, i gestori hanno manifestato tutta la loro delusione.
Il presidente nazionale di Figisc Confcommercio, Bruno Bearzi, ha riconosciuto “uno sforzo per ridurre le sanzioni ma rimane l’obbligo del cartello”, così “il messaggio che rimane è che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché speculiamo”. “Lo sciopero è confermato”, ha aggiunto, ma “fino all’ultimo momento siamo disponibili a vedere se troviamo margini di manovra”.
“L’unico elemento positivo è aver spostato i termini del decreto” ha aggiunto Giuseppe Sperduto, presidente di Faib Confesercenti spiegando che il provvedimento “genera soltanto confusione”. “Il governo ha le mani legate” ha aggiunto. All’accusa di speculazione i gestori dicono di essere abituati ma, spiega il segretario generale della Fegica Roberto Timpani, sono le aziende petrolifere a decidere il prezzo secondo le regole del libero mercato.
Le proposte di modifica non piacciono ai petrolieri dell’Unem secondo cui l’esposizione del prezzo medio regionale è un “parametro metodologicamente non corretto e inefficace”. Il tavolo, ha assicurato Urso, continuerà. Di certo a oggi scricchiola da tutte le parti.