Dopo i pesantissimi disagi di ieri, il pensiero non può che andare al 2007, quando uno sciopero nazionale degli autotrasportatori bloccò un Paese intero, con ritardi nelle consegne di beni di prima necessità e del carburante. Perché il punto è esattamente questo: sul trasporto di gomma si muove in pratica gran parte del commercio nazionale. Nel momento in cui i sindacati di categoria dovessero arrivare allo scontro finale, sarebbe il caos totale.
ALL’ATTACCO
E il clima sembra proprio quello del muro contro muro. Basti pensare che, nonostante il blocco autostradale di ieri, molti camionisti lo hanno violato, stanchi di un’attesa di ben otto ore. “Siamo un paese ingessato, immobile, incapace di fare passi in avanti – è l’accusa, chiara, che Federtrasporti fa a La Notizia – Già qualche anno fa, di fronte allo scenario sconcertante di un paese inginocchiato per qualche fiocco di neve, lanciammo una proposta: consentire gli aumenti dei pedaggi anche per la verifica di investimenti in macchinari atti a gestire le emergenze maltempo. Proposta caduta nel nulla”. Ma questo non è l’unico punto di domanda che sorge sul blocco che hanno patito i tir: “perché, malgrado il sistema delle previsioni meteo abbia fatto passi da gigante e lavori ormai con forte anticipo rispetto al verificarsi degli eventi, ci si riduce a prendere decisioni drastiche con circa un paio di ore di preavviso? Non sarebbe possibile trovare la maniera di lavorare di prevenzione, così da dar modo alle stesse imprese di cambiare calendari e programmi di viaggio?”. E ancora: “Perché in Italia rimane sufficiente una nevicata per bloccare i veicoli?”. Domande legittime a cui, ora, pare che anche il ministro Maurizio Lupi voglia risposte, dato che ha aperto un’inchiesta sulla chiusura di tratte autostradali.
UNA BARCA DI SOLDI
Eppure il Governo non può tirarsi fuori dalle responsabilità. A dirlo chiaramente è stato Alberto Armuzzi, presidente di Legacoop Servizi dell’Emilia Romagna (regione dove si sono registrati i maggiori disagi): “Una giornata di neve, un evento naturale annunciato da giorni e non fenomenale, e Autostrade per l’Italia non è riuscita a garantire la circolazione sulla rete. Sarebbe bene che il Governo si facesse sentire”. A rincarare la dose è stato il segretario della Cgia, Gilberto Gasparroni: “è deprecabile che Autostrade per l’Italia per risparmiare nei costi di pulizia preferisca chiudere la grande viabilità”. Un’assurdità, visti i lauti finanziamenti di cui godono le concessionarie autostradali, anche proprio per la manutenzione. Secondo l’ultimo aggiornamento ministeriale (2013) i ricavi derivanti dai pedaggi hanno raggiunto l’incredibile cifra di 6,533 miliardi di euro. Ecco allora la domanda: quanto sarà andato allo Stato? Soltanto 1,7 miliardi, divisi tra Iva (596 milioni) e canone Anas (1,132 miliardi), che altro non sarebbe che il sovrapprezzo sulla tariffa utilizzato dallo Stato per la manutenzione delle reti non a pedaggio. Tutto il resto – 4,8 miliardi – è andato a rimpinguare le casse delle società che gestiscono le nostre autostrade, da Gavio fino a Autostrade per l’Italia dei Benetton. Parliamo, per ogni km di autostrada, di 850 milioni ai privati contro i soli 300 che finiscono allo Stato. E se questi sono i risultati, c’è qualcosa che non va.
Ogni anno la stessa storia. Appena piove il Paese annega
di Francesco Carta
Ogni anno la stessa storia. Tutto tiene, tutto regge, finchè il tempo non si guasta. E allora, appena comiciano piogge, temporali, nevicate, un Paese intero si blocca. Strade, treni, stazioni. Tutto fermo. E così ieri: mezza Italia, stretta nella morsa della neve, si è completamente paralizzata per gran parte della giornata. Disagi pesanti si sono avuti per la circolazione, sia stradale che ferroviaria, soprattutto durante la mattinata. Disagi che in altri Paesi, europei ma anche extraeuropei, è difficile vedere. Pure in quelle regioni dove il clima mette realmente a dura prova la normale condotta di vita quotidiana.
DAL NORD…
In Italia, invece, la musica cambia. E nonostante ogni anno ci ritroviamo a contare danni e morti (per citare solo gli ultimi casi, pensiamo alla Sardegna, o alle alluvioni in Liguria di fine 2014), la musica continua a non cambiare. Eccoci, allora, alla giornata di ieri. Dalle Marche all’Emilia Romagna, fino alla Lombardia e al Piemonte, ieri è stato il caos totale. I treni hanno registrato ritardi medi di 60 minuti, con picchi incredibili. Surreali, ad esempio, i 540 minuti registrati sulla tratta che da Vienna ha portato i malcapitati a Firenze. E che dire, ancora, dei tir bloccati per ben otto ore sull’autostrada del Sole (vedi articolo alla pagina accanto). Una nazione in tilt, con valanghe che hano paralizzato interi paesi (nel cuneese), scuole chiuse e centri al buio per black out elettrici di ore (in Lombardia, specie nel cremonese). E, come se non bastasse, ci troviamo a contare anche le vittime: tre persone infatti sono morte nel bresciano perché colpite da attacco cardiaco mentre spalavano la neve.
…AL SUD
Ma non basta. Perchè se al Nord è disagio totale, al Sud crolla tutto. Basta un temporale e la frana è praticamente cosa certa. Emblematico quanto sta accadendo a Pompei negli ultimi giorni dove, nonostante i fondi europei, nonostante i continui avvertimenti e i crolli passati (costati, lo ricordiamo, anche le dimissioni all’ex ministro Sandro Bondi), tre giorni fa è crollato un altro muro, questa volta della casa di Severus, per uno smottamento causato, manco a dirlo, dalle piogge. Finita qui? Certo che no dato che ieri il maltempo ha cancellato un altro pezzo dei tesori di Pompei. Uno stucco di 30 centimetri quadrati è infatti crollato dalla domus del Centenario. Basta, ancora, sportarsi di qualche chilometro ed ecco il Sarno che esonda, tanto che è stato chiesto lo stato di calamità.
SOLDI NEL CASSETTO
La domanda, allora, sorge spontanea. È mai possibile che, puntuale come un orologio svizzero, non ci sia rimedio preventivo al maltempo? Che ogni anno l’Italia cade in una paralisi totale, come se fosse colta all’improvviso da un cataclisma inaspettato? Ecco allora la domanda da un milione di dollari: cosa hanno fatto i vari governi in questi anni? Molto poco. Eppure, a sfogliare i decreti attuati e le leggi approvate negli anni, lo Stato sembra sia stato presente. Peccato, però, lo sia stato solo a parole dato che tutti i fondi stanziati sono stati poi bloccati o impiegati in altro. Secondo quanto rivelato da Legambiente in rapporto di poco più di un mese fa, infatti, ad oggi lo Stato ha dato vita a ben 8 fonti di finanziamento e 12 procedure attuative: un totale di 2,3 miliardi di euro negli ultimi dieci anni, di cui però 1,2 miliardi (il 53%) rimangono ancora da attivare, il che vuol dire che ancora devono essere espletate le procedure di selezione delle imprese. Soldi bloccati certamente per la farraginosità della nostra macchina burocratica, ma anche perchè l’Europa, a colpi di diktat, ci “condanna” al rispetto del Patto di Stabilità. Che, visti i tempi, dovrebbe forse chiamarsi “di Instabilità”.