“Armiamoci e partite” recita un vecchio adagio popolare che sembra calzare a pennello con quello che sta accadendo nell’Unione europea in fatto di migranti, con Giorgia Meloni che chiede aiuto e gli altri leader Ue che non vanno oltre le semplici promesse.
Un copione che si ripete puntualmente in ogni occasione pubblica, non ultima quella di ieri del vertice europeo Med 9, a cui partecipano esclusivamente gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo, celebrato a Malta. Un’occasione ghiotta per portare a casa qualche risultato visto che al summit, per ovvie ragioni geografiche, non ha preso parte la Germania. E invece neanche questa volta si è riusciti a cavare un ragno dal buco.
Che non ci siano stati passi in avanti lo si capisce dalle parole della premier che al termine del trilaterale con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente francese Emmanuel Macron, ha detto di essere “stata molto chiara nell’esporre la questione per come la vedo e per l’impatto che sta avendo con l’Italia” e che “c’è una convergenza fra questi Paesi, che non sono tutti nel Consiglio Ue ma che vivono di più il fenomeno, e la posizione è condivisa”.
Insomma fatti zero e siamo ancora ai tentativi di intesa, per giunta fatti senza l’oste che altri non è che la Germania di Olaf Scholz. Sempre la Meloni si dice convinta che dal Med 9 è emerso con chiarezza che sulla questione dei migranti “mi pare ci sia volontà di affrontare la questione con serietà, concretezza e velocità. Non parlo dell’approccio perché quello ormai lo do per assodato”. Parole che rinforzano l’idea che siamo ancora fermi alle chiacchiere.
Migranti, per Meloni in Ue parole, soltanto parole
Il problema è che tra passi falsi, dichiarazioni surreali e liti nell’Ue, l’Italia è sempre più sola e di certo ‘soffre’ le posizioni tedesche che di fatto la stanno mettendo con le spalle al muro. Che proprio Berlino sia un nervo scoperto, con uno scontro a distanza che continua quotidianamente, lo fa capire chiaramente la premier che nel punto stampa a Malta ha dedicato ampio spazio al battibecco con il suo omologo tedesco.
“Ho parlato con il cancelliere Scholz” giovedì “e la posizione della Germania sulle ong per l’Italia è un passo indietro. L’unico modo per risolvere il problema è quello che stiamo facendo noi, puntando sulla dimensione esterna” a differenza della “Germania che è arrivata” al Consiglio Affari Interni dell’Ue a cui ha partecipato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi “con alcuni emendamenti” che vanno in direzione opposta a quanto chiede l’Italia.
Per questo “abbiamo chiesto di avere tempo” aggiungendo di capire “la posizione del governo tedesco ma se loro vogliono tornare indietro sulle ong noi proponiamo un altro emendamento” secondo cui “il Paese responsabile dell’accoglienza dei migranti trasportati da una nave di una ong deve essere quello dell’organizzazione non governativa”.
Ma non è tutto. Sempre parlando a margine del Med 9, la premier ha detto che “l’Italia insiste sull’attuazione di una missione navale nel Mediterraneo da attuare in accordo con le autorità del Nord Africa” e che “stiamo cercando di fare passi concreti sulla politica dei rimpatri che è un lavoro che deve essere fatto a livello europeo”.
Anche qui appare evidente che non si va oltre quelle che sembrano promesse molto vaghe. Un coinvolgimento con i Paesi di partenza che per Meloni deve passare dalla ripresa del “nostro partenariato con la Tunisia che sta dando segnali di collaborazione molto concreti”.
Quali siano questi segnali è ancora un mistero visto che il leader di Tunisi, Kais Saied, ha aperto le porte ai profughi mentre le ha chiuse in faccia alla delegazione europea che doveva vagliare sulla situazione nel Paese e sull’attuazione del memorandum. Malgrado ciò la Meloni ha insistito affermando che quello con la Tunisia è “un modello che va utilizzato per i Paesi del nord Africa. Vedo sulla carta una certa volontà e il mio lavoro è che tutte queste belle idee diventino fatti concreti”.