Il documento, consegnato da Palazzo Chigi alle Camere prima del loro scioglimento, parla chiaro: “Dimostrare la capacità e la determinazione della Nato nel rispondere solidalmente alle minacce esterne lungo il confine orientale dell’Allenza”. E così, per difendere la Nato dalla presenza russa, l’Italia invierà 160 soldati e 50 mezzi terrestri in Lettonia. Per una spesa che, da gennaio a settembre 2018, raggiungerà i 14,6 milioni di euro. Basta questo per capire come l’Italia sia da sempre “obbediente” ai voleri della Nato, specie in funzione anti-Putin. Ecco perché non deve sorprendere nemmeno la decisione del Governo di Paolo Gentiloni, sebbene dimissionario, di seguire l’esempio di Usa e Inghilterra ed espellere due diplomatici russi, in segno di solidarietà per il caso Skripal. Già dal 2016, d’altronde, l’attenzione nei confronti della Russia di Vladimir Putin si è riaccesa. In una risoluzione Nato, la numero 431 di dicembre 2016, si sottolineava come “altri attori internazionali, fra cui la Russia e la Cina, hanno investito massicciamente nella difesa durante l’ultimo decennio, mentre i Paesi occidentali sprofondavano in un grave marasma economico”. Da qui l’esigenza, esplicitata nella risoluzione 432, di “impegnarsi ulteriormente per fornire un apporto consistente alla difesa dell’Alleanza”, proprio in considerazione delle crescenti spese militari di Russia e Cina.
Sotto l’egida canadese – Ed ecco, allora, la decisione del Governo e del ministro della Difesa Roberta Pinotti di spedirci in Lettonia sin dal 2017. “La presenza militare nelle parti orientali e sudorientali del territorio dell’Alleanza è una componente importante del rafforzamento della deterrenza e della posizione di difesa della Nato”, si legge non a caso nel documento governativo. Da qui l’esigenza di schierare un esercito sulla linea di confine con la Russia. Tanto che altri contingenti sono previsti anche in Estonia, Lituania e Polonia, come deciso dal vertice di Varsavia del 2016. E in ogni Paese è previsto il comando di uno Stato. In Lettonia, ad esempio, obbediamo al Canada.
Le altre missioni – Ma non è tutto. Nel corso del 2018, infatti, saremo impegnati in altre missioni frutto di accordi Nato. A cominciare dalla partecipazione militare “per la sorveglianza dello spazio aereo dell’area sud-orientale dell’Alleanza”. Il tutto per “rafforzare” Paesi come la Turchia (acerrima rivale proprio della Russia), “rassicurare le loro popolazione e scoraggiare le potenziali aggressioni”. L’Italia fornirà un mezzo aereo per una spesa di un milione e mezzo. E, ancora, “a seguito del peggioramento delle condizioni di sicurezza dell’area a ridosso del confine turco con la Siria”, storica alleata questa della Russia, la Nato ha predisposto un ulteriore “dispositivo di sicurezza” lungo il confine turco-siriano “per difendere la popolazione dalla minaccia di eventuali lanci di missili dalla Siria”. Questa missione coinvolgerà 130 soldati italiani e costerà altri 8,4 milioni. Ma la sorveglianza prevista dall’Alleanza Atlantica non è solo aerea e terrestre. Saremo impegnati, infatti, anche in una missione navale di controllo soprattutto dell’area meridionale dell’Alleanza, con un contingente di 44 unità e una spesa complessiva di quasi 2 milioni di euro. A comandare, ovviamente, direttamente la Nato. Anzi, le navi messe a disposizioni dai Paesi membri (Italia compresa) costi tuiscono “lo strumento navale a più alta prontezza operativa a disposizione dell’Alleanza”.