La spesa sanitaria in Italia è inferiore a quella dei Paesi europei e dei membri dell’Ocse, con un gap considerato incolmabile rispetto al resto del G7. Sono questi i dati che emergono dall’analisi della Fondazione Gimbe sui dati Ocse riguardanti la spesa sanitaria.
Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, denuncia che “i principi fondamentali del Servizio sanitario nazionale – universalità, uguaglianza, equità – sono stati traditi e oggi sono ben altre le parole chiave del nostro Ssn: infinite liste di attesa, affollamento dei pronto soccorsi, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, rinuncia alle cure”.
Lo studio sulla spesa sanitaria in Italia: il confronto con Ocse e Ue
Gimbe si basa sul database Oecd Stat, aggiornato al 3 luglio con dati del 2022, riguardanti la spesa sanitaria pubblica, sia in percentuale del Pil che pro-capite. In Italia la spesa sanitaria pubblica in percentuale al Pil nel 2022 è stata del 6,8%, lo 0,3% in meno rispetto alla media Ocse (7,1%).
Anche la media europea si attesta al 7,1% e 13 Paesi in Europa hanno una percentuale più alta dell’Italia: si va dal 7,1% dell’Islanda al 10,9% della Germania.
Non va meglio dal punto di vista della spesa sanitaria pro-capite: in Italia nel 2022 è stata pari a 3.255 dollari, contro una media Ocse di 3.899 euro. La differenza con l’Ocse è di 644 dollari a persona, cifra che sale a 873 rispetto alla media Ue.
Sono ben 15 i Paesi che in Europa spendono di più, pro-capite, in sanità: si va dai 583 dollari aggiuntivi della Repubblica Ceca per arrivare fino a 3.675 in più della Germania.
Il gap con Ocse e Ue è sempre più ampio
Inoltre il gap è in aumento dal 2010 rispetto agli altri Paesi. Ed è aumentato anche durante la pandemia, nonostante l’Italia abbia accresciuto gli investimenti in sanità. Ma gli altri hanno fatto meglio: si va quindi dai 625 dollari in più in Italia durante la pandemia ai 1.197 della Francia e ai 1.540 della Germania.
Calcolando il gap complessivo parliamo di una differenza di 47 miliardi di euro, segnala Gimbe. Il trend dal 2008 dimostra che quello italiano è appiattito mentre gli altri Paesi del G7 (con l’eccezione del Regno Unito) non abbiano avuto una frenata negli investimenti in sanità nonostante la crisi finanziaria. Così le differenze sono addirittura peggiorate, diventando “incolmabili”, come sottolinea Cartabellotta.