L’Italia fa passi indietro sulla lotta alla corruzione

L'Italia ha smesso di combattere la corruzione. Nel 2022 non ci sono stati miglioramenti e l’anno prossimo il quadro si aggraverà.

L’Italia fa passi indietro sulla lotta alla corruzione

Se non si tratta di una vera e propria battuta d’arresto nella lotta alla corruzione, allora è quantomeno una brusca frenata. Stando agli ultimi dati diramati dalla Transparency International, dopo il balzo in avanti di 10 posizioni dello scorso anno, non c’è stata la scalata della classifica da parte dell’Italia che, al contrario, ha tirato il freno a mano restando inchiodata alla 41esima posizione su 180.

L’Italia ha smesso di combattere la corruzione. Nel 2022 non ci sono stati miglioramenti e l’anno prossimo il quadro si aggraverà

Secondo il report l’Indice di Percezione della Corruzione (Cpi) nel 2022 si è attestato, proprio come dodici mesi fa, a 56 punti. Un valore tutt’altro che esaltante se confrontato alla media dei Paesi Ue, nella quale ci piazziamo al 17esimo posto su 27, che si attesta a 64 punti su 100. Tanto per intenderci e avere qualche riferimento, la Danimarca rimane al vertice con 90 punti, seguita dalla Nuova Zelanda e dalla Finlandia con 87 punti, a seguire la Norvegia con 84 e Singapore e la Svezia con 83. In fondo alla classifica, invece, ci sono la Somalia con 12 punti, la Siria e il Sud Sudan con 13, il Venezuela con 14 punti.

Eppure questo poteva – e doveva – essere l’anno giusto per consolidare i tanti passi in avanti fatti registrare nel recente passato dall’Italia. Il nostro Paese, sempre secondo l’associazione, nel decennio che va dal 2012 al 2022 è tra quelli che sono progrediti maggiormente nel contrasto a questo odioso fenomeno. Una crescita esponenziale dell’Italia che, secondo Trasparency International, non è stata il frutto del caso o di chissà cosa ma di precise scelte politiche tra cui il nuovo codice appalti e, soprattutto, la Spazzacorrotti portata a casa – letteralmente tra mille polemiche – dall’allora ministro M5S della Giustizia, Alfonso Bonafede (nella foto).

Ma da quel momento in poi di passi in avanti nel contrasto al fenomeno delle mazzette ne sono stati fatti davvero pochi e nel 2022 l’Italia è entrata in uno stallo causato, sempre secondo l’associazione, dalla “volatilità politica e dalle elezioni anticipate che hanno gravemente ritardato i progressi su fondamentali capisaldi per la lotta alla Corruzione: la regolamentazione del lobbying e il conflitto di interessi”.

Il problema è che il futuro non sembra promettere nulla di buono. Il governo di Giorgia Meloni, infatti, è già finito più volte al centro delle polemiche per le cosiddette ‘norme salva colletti bianchi’. Una su tutte quella che esclude i reati fiscali da quelli ostativi che è stata inserita con un emendamento di Forza Italia al decreto Rave nel corso di un vero e proprio blitz politico con cui è stato scardinato uno dei capisaldi della Spazzacorrotti.

Per non parlare dell’intenzione di modificare le intercettazioni che il ministro della Giustizia Carlo Nordio va ripetendo un giorno sì e l’altro pure. C’è da dire che al momento non è chiaro in che modo il governo intenda mettere le mani su questo delicato e fondamentale strumento d’indagine poiché il guardasigilli ogni volta che apre bocca sul tema, finisce per scatenare un polverone oppure per contraddirsi e cambiare idea.

Si tratta di una materia complessa e che richiede attente valutazioni tanto che Raffaele Cantone, procuratore di Perugia, ieri ha spiegato come “soprattutto in materia di corruzione le intercettazioni sono l’unico strumento per penetrare nel rapporto omertoso che c’è tra corrotto e corruttore”. Ma il Centrodestra non si limita a questo e ha già fatto sapere che intenderà mettere mano anche al reato di abuso d’ufficio, sollevando più di qualche perplessità per gli effetti che tutto ciò potrebbe avere in vista della gestione dei fondi del Pnrr.

Intenzione ribadita lunedì quando la premier ha detto in modo chiaro e tondo: “A tutti sindaci ribadisco l’impegno del governo a fare tutto quello che possiamo per rendere più facile quel compito, dalla semplificazione a digitalizzazione all’abuso d’ufficio: nessun sindaco che voglia dare risposte ai suoi cittadini deve essere rallentato o avere paura di dare quelle risposte ai cittadini”. Eppure dalle opposizioni sono convinti che iniziative come queste rischiano di diventare un vero e proprio autogol, tanto che si dicono certi che il prossimo anno, quando uscirà il report del 2023 di Transparency International, la situazione anziché migliorare probabilmente peggiorerà.

Quel che è certo è che anche Giovanni Colombo, direttore di Transparency International Italia, temendo passi indietro nella lotta alla corruzione, ieri ha lanciato un ammonimento: “I progressi degli ultimi dieci anni non ci devono indurre ad abbassare l’attenzione”. Secondo lui “c’è ancora molto da fare in tema di anticorruzione ed alcune questioni rilevanti vanno risolte al più presto: la messa a disposizione del registro dei titolari effettivi e la regolamentazione del lobbying, temi tornati alla ribalta con le recenti lacune emerse a livello europeo e il nuovo codice appalti che sarà determinante per sostenere eticamente le realizzazioni del Pnrr”.

Poi Colombo conclude dicendo che “oltre ad efficaci passi normativi, auspichiamo un aumento del livello di osservazione e partecipazione dei cittadini ai temi della trasparenza e dell’integrità, garanzia di attenzione generale e sprone per i miglioramenti attesi”. “La lotta alla corruzione richiede l’impegno costante del Paese, la dedizione quotidiana di Governo, Parlamento, istituzioni e società civile” ed è importante perché “non solo rafforza le istituzioni e crea fiducia nei cittadini, ma conviene al Paese, all’economia e al benessere collettivo”, ha spiegato il presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia.

 

Leggi anche: “Garantire l’impunità ai colletti bianchi. Ecco il piano di Nordio”. Parla la senatrice M5S, Maiorino: “Dal Governo solo scelte scellerate”