La crescita italiana rallenta. Persino più del previsto. E, soprattutto, nonostante il calo dei prezzi energetici e i soldi provenienti dal Pnrr. La causa? Principalmente l’erosione dei redditi reali a causa della “modesta crescita dei salari”, a fronte di un’inflazione elevata.
L’Ocse fotografa la situazione italiana evidenziando come il problema principale, tanto più in questo periodo di crisi inflattiva, riguardi gli stipendi. Fermi al palo, come più volte dimostrato proprio dallo stesso Ocse.
L’Ocse certifica il rallentamento della crescita italiana
Nel 2023 il Pil italiano dovrebbe aumentare solamente dello 0,7%, così come nel 2024. Soltanto nel 2025 ci sarà una lieve ripresa con un +1,2%. Tutto ciò “nonostante il calo dei prezzi dell’energia e l’atteso rafforzamento della spesa connessa al Next Generation Eu”. Rispetto alle precedenti previsioni, la crescita rallenterà già nel 2023: ci si attendeva, infatti, un Pil in aumento dello 0,8%
Per quanto riguarda l’inflazione, ci si attende una discesa graduale nel 2024-2025, “sulla scia del calo dei prezzi dell’energia e della moderata crescita dei salari nominali”. Nello specifico, in Italia l’inflazione passerà dal 4,6% del 2023 al 3,1% del 2024 per poi raggiungere il 2,5% nel 2025.
L’organismo internazionale evidenzia che il disavanzo pubblico italiano si ridurrà, ma restando “al di sopra del 3% nel biennio 2024-2025”. Il rapporto debito pubblico/Pil è “elevato” ed è necessario “un percorso più prudente, sostenere i costi futuri e conformarsi alle norme di bilancio proposte dall’Ue: sarà necessario un aggiustamento di bilancio duraturo”.
L’invito all’Italia è di contrastare l’evasione fiscale e limitare “l’aumento della spesa pensionistica”, cercando anche “ambiziose revisioni della spesa”. In ogni caso, per l’Ocse c’è “spazio per migliorare il saldo di bilancio più rapidamente di quanto attualmente previsto”.
I salari non crescono e l’Italia frena
La spiegazione dell’Ocse sul rallentamento della crescita italiana è semplice: “L’inasprimento delle condizioni finanziarie, l’erosione dei redditi reali dovuta alla modesta crescita dei salari e all’elevata inflazione, accompagnati dal ridimensionamento delle straordinarie misure di sostegno fiscale connesse alla crisi energetica peseranno sui consumi privati e sugli investimenti”.
Quindi i salari fermi al palo producono, inevitabilmente, un blocco dei consumi. D’altronde che gli stipendi non aumentino non è di certo una novità: lo ha testimoniato di recente lo stesso Ocse ed è evidente considerando il ritardo nel rinnovo dei contratti, in alcuni casi addirittura di anni.
Secondo le previsioni dell’Ocse queste problematiche saranno compensate “solo in parte dalla spesa finanziata dai risparmi residui delle famiglie accumulati durante la pandemia, dalle riduzioni ad hoc delle imposte sul reddito e dall’attesa ripresa degli investimenti pubblici connessi ai fondi di Next Generation Eu”. Anche perché gli italiani sono già costretti a intaccare i risparmi per le spese di tutti i giorni e così i consumi non cresceranno.