di Marco Castoro e Angelo Perfetti
È più forte di lui: Mario Balotelli non perde occasione per fomentare gli animi di chi per pregiudizio lo denigra e perfino di chi lo stima e tifa per lui. Nemmeno dopo una figuraccia a furor di popolo riesce a tenere la bocca cucita. Sarà pure una coincidenza ma dovunque abbia giocato Balotelli è finita sempre allo stesso modo: odiato e mai rimpianto dai tifosi. All’Inter è considerato un traditore. Per aver gettato la maglia nerazzurra a terra dopo la vittoria contro il Barcellona nella semifinale di Champions League e per avere in seguito indossato la casacca del Milan. I tifosi del Manchester City, nonostante abbia contribuito a far rivincere lo scudetto al club dopo un digiuno di 44 anni, dicono di lui che verrà ricordato più per i festini che per i gol segnati. Al Milan già dopo pochi mesi si sono stancati di lui. Per assurdo la maglia con cui è stato apprezzato di più è proprio quella della Nazionale. Quando l’ha indossata l’ha sempre onorata. Con alti e bassi, ovviamente, ma i due gol che hanno steso la Germania agli Europei resteranno indelebili nella memoria degli italiani. In questi Mondiali non è stato certo lui il peggiore di tutti. Sì, ci si aspettava di più, d’accordo, ma Prandelli di colpe ne ha molte di più. Per non parlare di qualche altro giocatore che è rimasto impiantato sul terreno (vogliamo parlare di Cassano, Insigne e Immobile?). Alla fine, comunque, il capro espiatorio è sempre Balotelli. Anche perché lui non ce la fa a stare zitto. E per l’ennesima volta è finito solo contro tutti. Per quale motivo? È antipatico. È il suo modo di essere che lo rende antipatico. Per lui sono più dannose le gesta in campo piuttosto che le bravate della sua, a dir poco travagliata, vita privata. Se Mario fa le serate hard a noi che importa. Se cambia una fidanzata al mese, beato lui che se lo può permettere. Se va in giro a sparare con la pistola a salve peggio per lui. Importante che non faccia del male a nessuno. Se vuole incendiare la propria casa con i fuochi d’artificio è un suo problema. Ma se si innervosisce in campo, si becca un cartellino o si mangia un gol davanti al portiere avversario apriti cielo.
Un perfetto Bad Boy
Balotelli è odiato dalle tifoserie di oltre mezza Italia perché è strafottente e il suo atteggiamento in campo, e davanti ai microfoni, è quasi sempre provocatorio. Si vede chiaramente che non sopporta gli opinionisti e i tifosi delle squadre avversarie. Se lo critichi è lesa maestà. Spesso l’abbiamo visto rispondere dal campo ai fischi dei tifosi. Anche dopo aver segnato un gol. Commettere gesti antisportivi, che sanno di provocazione, tipo l’indice sul naso per zittire i tifosi avversari. O applausi ironici. Calci a bottigliette. Vaffa agli allenatori dopo le sostituzioni. E agli arbitri dopo le espulsioni. Un perfetto bad boys. Un’etichetta che rifiuta e combatte, ma che non fa nulla per cancellare. Però, come si spengono le luci della ribalta Mario dimostra che non è un cattivo ragazzo. Anzi. È pure un simpaticone. Un buontempone. Come tutti i calciatori che guadagnano tanto, fa molta beneficenza. Perché il cuore di Mario è buono. È la testa che deraglia. Balotelli non è fischiato per il colore della pelle. In Italia ormai tutte le squadre hanno giocatori neri che diventano presto i beniamini dei tifosi. Non c’è razzismo. Se ogni tanto assistiamo a qualche caso sporadico è perché la mamma degli imbecilli è sempre incinta. Chissà se un giorno quella zucca che Mario ha al posto della testa diventerà matura. Probabilmente tutto sarebbe più facile se non pensasse più al colore della pelle. E si sentisse – anche lui per una volta – un ragazzo normale.
L’autogol di Balotelli Italiani? Meglio i negri
di Angelo Perfetti
Ha aspettato un giorno prima di parlare, immerso in quelle cuffiette che lo isolano dal mondo, dalle chiacchiere, soprattutto dalle critiche. Poi ha attaccato – e non poteva essere altrimenti, visto il ruolo – e si è fatto vedere certamente più di quanto non sia stato visto in campo. Lo ha fatto spostando il tiro dalla prova agonistica a quella sociologica, razziale. Il casus belli è arrivato via Instagram: “Il problema – gli ha scritto un tifoso – è che tu non sei proprio italiano”. Apriti cielo. La sortita di uno è diventata la colpa di un intero popolo: “Sono Mario Balotelli ho 23 anni e non ho scelto di essere italiano. L’ho voluto fortemente perché sono nato in Italia e ho sempre vissuto in Italia. Ci tenevo fortemente a questo mondiale e sono triste, arrabbiato, deluso con me stesso”. Parla in prima persona quando inizia a colpire sul tema razziale, d’identità nazionale. Lo stesso registro che aveva usato il suo mister, Prandelli, per cercare di fare quadrato prima della partita con l’Uruguay.
Attacco all’Italia
Poi passa alla terza persona singolare – come a dissociarsi, a fare da spettatore – quando decide di affondare il colpo: “La colpa non la faccio scaricare a me solo questa volta perché Mario Balotelli ha dato tutto per la nazionale e non ha sbagliato niente (a livello caratteriale) quindi cercate un’altra scusa perché Mario Balotelli ha la coscienza a posto ed è pronto ad andare avanti più forte di prima e con la testa alta. Fiero di aver dato tutto per il Suo paese. O forse, come dite voi, non sono Italiano. Gli africani non scaricherebbero mai un loro «fratello». Mai. In questo noi negri, come ci chiamate voi, siamo anni luce avanti. Vergogna non è chi può sbagliare un gol o correre di meno o di più. Vergognose sono queste cose. Italiani veri! Vero?». Balo contro tutti. Contro i tifosi italiani, contro il suo Paese, contro il suo capitano che aveva fatto capire bene di non aver gradito il suo atteggiamento in campo e fuori. Fa l’incompreso, la vittima, l’agnello sacrificale. Ma quello che forse gli fa più male non è il sentirsi dire di aver sbagliato partita, né tantomeno di non essere italiano, bensì quello di non essere un campione, un fuoriclasse, uno che – appunto – fa la differenza. Lui che della distinzione dagli altri ha fatto la sua cifra comunicativa, non può accettare di essere uno dei tanti. Eppure in questo mondiale, alla fine, di lui resta il fallimento; né più né meno come quello del resto della squadra.
La difesa di Galliani
“Non ho capito perché si critichi solo Balotelli, che è l’unico attaccante che ha fatto un gol e abbia creato occasioni da gol, mentre gli altri non hanno neanche creato le premesse”. Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan e vice presidente Lega Calcio, prova a difendere il suo gioiello. “Vedo che tutti i commenti sono rivolti a lui -prosegue Galliani – vorrà dire che è l’unico giocatore dell’Italia. Buffon e Pirlo non sono giocatori del Milan, tengo per me cosa penso di loro”.
Veleni sparsi
La deriva razzista “al contrario” del Balo furioso non è piaciuta nemmeno agli ambienti politici. “Se il signor Balotelli ha dei problemi – ha detto il leder della Lega, Salvini – li risolva da adulto e non si inventi gli ‘italiani cattivi’ che ce l’hanno con i ‘negri’. Non è il colore della pelle a fare la differenza, in campo e fuori, ma sono l’impegno, la correttezza, lo spirito di gruppo e l’umiltà che lui non dimostra. Mario, con tutti i soldi che guadagni, taci e chiedi scusa. Punto”. Anche il presidente del Coni Giovanni Malagò è duro: “La risposta di Mario Balotelli è fuori dalle righe. Balotelli è un cittadino italiano” e il tifoso che lo ha insultato “non è espressione di 60 milioni di italiani”.
E così, alla fine dell’avventura brasiliana il calcio italiano si ritrova senza nulla: senza commissario tecnico, senza un presidente di lega, senza il suo (unico) possibile campione. E ancora: senza dignità, senza un progetto, senza alibi. E senza nemmeno le classiche polemiche da bar sulla forma dei giocatori e la loro capacità tecnica; ora pure le polemiche diventano pesanti: i negri – dice Balo – avrebbero fatto quadrato intorno a lui. Diciamoci la verità: anche gli italiani lo avrebbero fatto, se solo avesse inquadrato la porta.