Mentre tutti lo celebravano per l’arresto del boss Matteo Messina Denaro il procuratore di Palermo l’ha detto chiaro e tondo: “Le intercettazioni – ha spiegato il magistrato durante la conferenza stampa – sono state uno dei pilastri dell’inchiesta. Stiamo parlando di uno strumento indispensabile e irrinunciabile per il contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Senza le intercettazioni le indagini non si possono fare oppure non portano a nessun risultato. Questo è un discorso importante che deve essere chiaro una volta per tutte”.
Per Nordio i boss non usano il telefono. Ma con la cattura di Messina Denaro si rimangia tutto: “Le intercettazioni sono indispensabili”
Una volta per tutte, puntualizza Maurizio De Lucia perché fa un certo effetto assistere in queste alle celebrazioni delle stesse persone che da anni vorrebbero demolire le indagini antimafia (e non solo quelle) mettendo in discussione uno degli strumenti più proficui e importanti. Così ieri è bastato pochissimo tempo perché il ministro della Giustizia Carlo Nordio si sentisse chiamato in causa.
In diretta a Radio 24 non può fare a meno di accodarsi al clima festoso e dire che “le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per il terrorismo e la mafia, ciò che va cambiato radicalmente è l’abuso che se ne fa per i reati minori con conseguente diffusione sulla stampa di segreti individuali e intimi che non hanno niente a che fare con le indagini”. Sarebbe curioso capire cosa intenda un ministro della Giustizia per “abuso”.
Basterebbe la sola parola “abusi”, ancora di più per un ministro della Giustizia, per capire che Nordio si riferisce a pratiche illegali. E le intercettazioni illegali, con buona pace di Nordio e del centrodestra più gelosamente garantista, lo sono per definizione.
Così serve qualcuno che ha dedicato la vita professionale alla lotta alle mafie, l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho ora deputato del Movimento 5 Stelle per chiarire che “l’unico strumento che si utilizza per la mafia sono intercettazioni e collaboratori di giustizia. Quando si indebolisce l’uno e l’altro è evidente che si indebolisce tutta la lotta. Le intercettazioni – spiega De Raho – il più delle volte non nascono per il contrasto alle mafie. Alle mafie si arriva dopo. Perché le intercettazioni partono dalla corruzione e da altri reati e sviluppandosi su questo binario poi arrivano a tutto quello che c’è dietro”.
Non è così difficile da capire. Come spiega De Raho “le grandi indagini nascono da una diffusione del monitoraggio dei rapporti illeciti che sono tantissimi. Peraltro la corruzione è un momento di grande difficoltà del Paese, incide sulla democrazia, incide sulla concorrenza, sullo squilibrio economico, sulle disuguaglianze. Incide su tutto ciò che è invece la base del Paese. Quindi ridurre le intercettazioni è qualcosa di gravissimo”.
E anche se dalle parti di Forza Italia, come il vicepresidente della Camera Mulè, fingono di non avere “mai messo in discussione le intercettazioni”, confidando probabilmente nell’eccesso di entusiasmo di queste ore, è ancora limpidissima l’immagine di Nordio che con presuntuosa sicumera ci spiegava che “i mafiosi non parlano al telefono”: “Nordio smentisce se stesso”, ripete la senatrice del M5S Floridia.
E in effetti a guardare la scena da fuori diventa difficile darle torto. Nel dibattito interviene anche l’Ordine dei giornalisti che per bocca del presidente Carlo Bartoli ricorda a Nordio e al governo che “introdurre ulteriori limitazioni alla conoscibilità degli atti che sono comunque pubblici e già filtrati, vorrebbe dire sottrarre informazioni preziose per ricostruire vicende di importanza pubblica anche rilevante”.
Ma nella maggioranza insistono: “Basta abusi”, dice Maurizio Lupi, condannando “gli stralci che riguardano la vita privata e che non hanno nulla a che fare con il codice penale”. Il fatto è che questi garantisti a fasi alterne si devono essere persi i giornali di questi giorni impegnati a romanticizzare gli orologi, i gusti sessuali, lo stile degli abiti, le malattie e tutto il resto del Messina Denaro esposto come un trofeo di caccia, pronto per essere impagliato.
L’ipocrisia sta tutta qui. Il viceministro alla Giustizia, il berlusconiano Francesco Paolo Sisto, prova a buttarla sui costi auspicando “un ripensamento e una revisione di una spesa certamente eccessiva”. Intanto in commissione Giustizia al Senato, presiede Giulia Bongiorno: la maggioranza insiste per screditare le intercettazioni.
Nel pomeriggio arriva la proposta di rendere non intercettabili i numeri di telefono degli avvocati difensori. La fa il professore di procedura penale, Giorgio Spangher, uno che nei suoi interventi parla di “regime dei tabulati”, per capirsi. Sta all’ex pm Roberto Scarpinato, senatore M5S, ricordare che “ci sono avvocati che possono commettere reati impropri” come, ad esempio, “il summit di mafia che si svolse proprio nello studio legale di un difensore” e che venne scoperto grazie alle intercettazioni.
Il caso dell’avvocato nonché ex dirigente di Fratelli d’Italia, Giancarlo Pittelli, è lì sotto gli occhi di tutti, solo per citarne uno. Il punto è sempre lo stesso. Mentre il governo celebra e si appropria di un’operazione della magistratura con l’altra mano prova a demolire quella stessa magistratura che finge di onorare. La paura è sempre quella che le intercettazioni possano captare una frase sbagliata, magari di qualche potente che finisce nell’elenco delle telefonate di quei boss che molti vorrebbero descrivere come corpi estranei alla politica e all’imprenditoria.
E così non si accorgono che il loro timore, quella loro imbarazzata difesa, non fa che confermare l’utilità delle intercettazioni per svelare relazioni, convergenze di interessi e favoreggiatori che non avremmo mai sospettato. Intanto ieri a Foggia, grazie alle intercettazioni, è venuta alla luce un’ipotesi di concussione e corruzione in gare d’appalto dell’azienda ospedaliera universitaria Ospedali Riuniti. Alla fine, per fortuna, irrompe la realtà.