Malgrado Emmanuel Macron e Joe Biden chiedono da giorni di rinunciare al piano di invasione di Gaza, temendo sia una possibile carneficina e sia il rischio escalation, il primo ministro Benyamin Netanyahu non vuole sentire ragioni e ieri ha assicurato che l’offensiva si farà. “Ci stiamo preparando per un’invasione di terra a Gaza. Non posso dare al momento ulteriori dettagli, il tempismo sarà deciso in base al consenso” ha spiegato il leader di Tel Aviv parlando alla nazione. Insomma l’operazione ci sarà e potrebbe partire da un momento all’altro.
Il primo ministro israeliano Netanyahu ha annunciato che l’invasione di terra è imminente. Fallito il pressing di Biden per cancellare l’operazione
Del resto la situazione nell’area continua a farsi sempre più complicata. Particolarmente preoccupante è l’escalation in corso al confine con il Libano dove Hezbollah sta intensificando gli attacchi, con due miliziani che hanno provato a introdursi sul suolo israeliano ma sono stati individuati e uccisi, e un crescente scambio di artiglieria tra gli uomini del ‘Partito di Dio’ e l’esercito di Tel Aviv. Due razzi partiti dal Libano meridionale sono caduti nelle alture del Golan, colpendo alcuni tralicci e causando interruzioni di corrente in tre comunità. Scontri che hanno interessato anche il territorio siriano con l’aviazione israeliana che ha risposto a un lancio di razzi bombardando infrastrutture militari e postazioni con mortai appartenenti all’esercito regolare siriano.
Nella notte l’esercito israeliano ha compiuto una serie di raid di terra nel nord della Striscia di Gaza
Nella notte l’esercito israeliano ha compiuto una serie di raid di terra mirati nel nord della Striscia di Gaza. Secondo quanto spiegano le forze di sicurezza israeliane, si tratta di azioni di terra mirate a colpire le infrastrutture di Hamas volte a preparare il terreno per l’operazione di terra vera e propria che è sempre più vicina. L’esercito israeliano ha dichiarato in un comunicato che le forze di terra hanno effettuato un’operazione nel nord della Striscia di Gaza e hanno attaccato diversi obiettivi appartenenti al movimento Hamas e poi si sono ritirate, in quella che la Radio dell’Esercito ha descritto come la più grande incursione durante la guerra in corso su Gaza.
Tensione alle stelle anche nella Cisgiordania occupata
Tensione alle stelle anche nella Cisgiordania occupata dove si sono verificati violenti scontri tra palestinesi e le forze di Tel Aviv che hanno cercato di penetrare nel campo profughi di Jenin. Combattimenti in cui hanno perso la vita almeno quattro palestinesi e una decina sarebbero feriti. Proprio queste operazioni in Cisgiordania sono state spiegate dal comandante militare di quella regione, generale Avi Bluth, secondo cui “in questa guerra contro Hamas noi ci siamo tolti i guanti anche in Cisgiordania (…) Siamo determinati a ripulire i nidi del terrorismo. Faremo tutto il necessario per garantire la sicurezza degli abitanti negli insediamenti, in particolare in questi giorni estremamente difficili”.
Intanto non accennano a diminuire le polemiche che hanno fatto seguito alle parole del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che martedì parlando di ciò che sta accadendo a Gaza ha detto che gli attacchi di Hamas – da lui fermamente condannati – contro Israele “non sono avvenuti dal nulla, il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”. Frasi che non sono andate giù a Tel Aviv, con tanto di richiesta di dimissioni per il segretario delle Nazioni Unite, e sulle quali ieri l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, è voluto tornare per annunciare che il suo Paese negherà il visto di ingresso ai funzionari delle Nazioni Unite: “Viste le sue parole negheremo il rilascio dei visti ai rappresentanti dell’Onu. Del resto abbiamo già rifiutato il visto al sottosegretario per gli affari umanitari Martin Griffiths. È arrivato il tempo di dare loro una lezione”.
Erdoğan ha lanciato pesantissime accuse all’occidente e a Israele
Se la situazione non fosse già abbastanza complicata, in queste ore a far discutere sono state le parole del presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, che ieri ha lanciato pesantissime accuse all’occidente e a Israele, per poi annunciare la cancellazione della sua visita a Gerusalemme in cui avrebbe dovuto incontrare Netanyahu. Secondo il leader di Ankara: “Circa la metà di coloro che sono stati uccisi negli attacchi israeliani su Gaza sono bambini, persino questo dato dimostra che l’obiettivo è un’atrocità, per commettere crimini contro l’umanità premeditati”. Per questo ha spiegato che “il valico di Rafah” in Egitto “dovrebbe essere tenuto aperto per motivi umanitari” e per questo ha proposto un “meccanismo di garanzia” per evitare che l’unica via per far entrare medicinali, cibo e acqua, venga chiusa unilateralmente da Israele. Ma Erdoğan non si è fermato qui e poco dopo ha usato parole shock, facendo infuriare Tel Aviv, affermando che “i militanti di Hamas sono dei liberatori che combattono per la loro terra e non dei terroristi”.
La Turchia riconosce Hamas come “movimento di resistenza”
Parole su cui si è fiondato anche il ministro degli Esteri dell’Oman, Sayyid Badr bin Hamad Albusaidi, che ha dichiarato che il suo Paese come la Turchia riconosce Hamas come “movimento di resistenza” e non come organizzazione terroristica. “Israele respinge pienamente le parole del presidente turco nei confronti dell’organizzazione terroristica Hamas. Hamas è una spregevole organizzazione terroristica peggiore dell’Isis che uccide brutalmente e intenzionalmente neonati, bambini, donne e anziani, prende in ostaggio civili e usa la propria gente come scudi umani” è la risposta piccata di Lior Haiat, portavoce del ministero degli Esteri israeliano, alle parole di Erdoğan.