“1) Di mattina seguire le assemblee e non disperdersi nella scuola. 2) No esterni. 3) Rispettare gli orari di entrata e uscita scritti sulla locandina”. Ma soprattutto: “4) Non fare né danni né scritte: chi rompe paga (citazione del ministro Giuseppe Valditara, ndr)!”. Sono le regole che si sono dati gli studenti del liceo Virgilio, occupato da domenica notte. Un’occupazione molto differente da quella di due settimane fa al Severi-Correnti. Nei modi, nei tempi e, soprattutto, nelle reazioni della dirigenza scolastica.
Se al Severi-Correnti da subito si era respirata un’aria di contrapposizione tra occupanti e dirigente scolastica, al Virgilio il preside ha voluto abbracciare la strada del dialogo
Se al Severi-Correnti da subito si era respirata un’aria di contrapposizione tra occupanti e dirigente scolastica, al Virgilio, il preside Roberto Garroni ha voluto abbracciare la strada del dialogo. Lo testimonia il fatto che ha passato nella scuola le notti di domenica e lunedì. In stretto contatto con i ragazzi. “Sono 20/30 ragazzi… Quando stamattina (ieri, ndr) mi hanno visto verso le 5 a scuola, sono rimasti sorpresi”, dice il preside a La Notizia, “Ho detto: ‘mettiamoci d’accordo: o ci sono regole chiare e rispettate, o chiamo subito la polizia’. I ragazzi hanno capito. Da loro ho ricevuto garanzie e mi fido”. Non una tragedia, quindi, tanto che Garroni ci scherza sopra: “Per due giorni mi toccherà dormire qui…”, ricordando come “in 22 anni di dirigenza, ho dovuto affrontare 22 occupazioni!”.
Pur dicendosi “amareggiato” per la scelta degli studenti (“Non condivido l’impostazione, questa occupazione arriva alla vigilia di tre giorni di cogestione. Diciamo che hanno fatto una forzatura politica…”) il preside assicura che non ci saranno ritorsioni nei confronti dei partecipanti all’occupazione. Inoltre, chi vorrà continuare le attività scolastiche, potrà farlo senza problemi. Circa le ragioni che hanno portato il Collettivo Autonomo Virgilio (Cav) ad occupare, c’è un po’ di tutto: “Stiamo occupando per opporci al vigente sistema scolastico e proporne uno nuovo autogestito”, scrive il Cav, “Questa decisione non la abbiamo presa per opporci alla presidenza della nostra scuola, ma principalmente per un malessere condiviso dall’intera componente studentesca verso le istituzioni”.
La scuola sceglie la via del dialogo. A differenza della repressione adottata nell’altro istituto milanese
Tra gli obiettivi le carenze alle infrastrutture scolastiche; le difficoltà psicologiche; la gentrificazione e la guerra a Gaza. Una pluralità di temi, ma tutti accompagnati da una consapevolezza: “Da questo momento la scuola sarà la nostra casa e ce ne prenderemo cura”. “Accolgo con soddisfazione il fatto che gli studenti del collettivo del Virgilio si siano dati delle regole per la loro occupazione”, ha commentato in serata il ministro Valditara, che ha voluto ribadire “il principio che ‘chi rompe paga’…”. “Parlare chiaro con i ragazzi è giusto – ha aggiunto – il mio duro intervento dopo la devastazione al liceo Severi è evidentemente servito. Spiace che alcuni adulti invece abbiano confuso il diritto di protestare con quello di devastare”.
L’intervento del ministro non è altro che la repressione che sta colpendo un’ottantina di studenti del Severi-Correnti (inizialmente erano 50, ma poi, grazie alle “delazioni” avvenute durante gli “interrogatori” effettuati dai loro docenti, il numero è salito a oltre 80). Sono quelli indicati dai professori come partecipanti all’occupazione che ha causato 70 mila euro di danni. Ottanta “sfortunati” sugli oltre 500 partecipanti all’occupazione, chiamati a pagare per tutti. Una linea muscolare suggerita da Valditara (tutti colpevoli sino a prova contraria) abbracciata dalla dirigente scolastica. E contro questa presunzione di colpevolezza, da giorni circola tra i genitori una “Lettera di dissenso” che ha già raccolto un centinaio di firme. Nella missiva si stigmatizza l’occupazione “nelle modalità e nell’esito”, ma si sottolinea anche “l’amarezza di vedere immotivatamente ascritta la responsabilità di quello che è accaduto solo ad alcune decine di studenti per il solo, e unico fatto, di aver varcato, insieme a molti altri, il cancello della scuola”.
Per i genitori “né la partecipazione alle attività proposte dal collettivo né, ancor meno, la sola presenza all’interno della scuola durante l’occupazione possono essere assunte a criteri per l’attribuzione di responsabilità rispetto a fatti, sicuramente molto gravi ed ingiustificabili, ma che devono necessariamente essere riferiti esclusivamente ai loro autori e per i quali dovrà certamente essere fatta luce, anche in altre sedi”. E concludono ricordando l’“estremo disagio non solo delle famiglie coinvolte ma dell’intera collettività scolastica che aggiunge al danno del negato diritto allo studio, quello di vedere una condotta degli adulti che avrà il solo esito di generare conflitti e divisioni tra i ragazzi, di privare gli stessi della fiducia che hanno sino ad oggi riposto nell’istituzione scolastica e nei docenti e di avvelenare ulteriormente il clima, ostacolando la rapida ripresa della serenità e della concentrazione, necessarie allo studio”.