Il sindaco, l’avvocato Giovanni Macrì, Forza Italia, che compra un’auto dal boss della ‘Ndrangheta al 41 bis, sottoposta a sequestro; custodi cimiteriali che liberavano tombe per far posto ai defunti del clan; sindaco, vicesindaco e un assessore imparentati con elementi di spicco delle cosche. C’è un po’ di tutto nella relazione firmata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha portato il 24 aprile scorso al commissariamento per infiltrazioni mafiose del Comune di Tropea, noto centro turistico della Calabria.
Il sostegno del clan La Rosa a Macrì nelle elezioni del 2018
“A Tropea si è registrato il sostegno elettorale della cosca di ‘ndrangheta storicamente egemone sul territorio” – ovvero il clan La Rosa – “al sindaco ed alla sua lista in occasione del turno elettorale del 21 ottobre 2018”, scrive Piantedosi, “Il sindaco, il vicesindaco e un assessore hanno stretti legami parentali e assidue frequentazioni con esponenti della locale criminalità organizzata, interessati anche da reati associativi, e tale stato di cose ha condizionato l’attività amministrativa in favore di ambienti controindicati”.
Il custode del cimitero che liberava le tombe
Nel documento si ricorda poi che il custode del cimitero di Tropea è stato arrestato per “estumulazioni non autorizzate al fine di riutilizzare alcuni loculi e destinarli ai defunti riconducibili a soggetti appartenenti alla locale cosca, nonché agli stessi amministratori comunali e, in particolare, al sindaco”.
Piantedosi ricorda poi “l’emblematico fatto che nel settembre 2020 il suddetto dipendente Trecate, nonostante risultasse destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio per truffa ai danni del Comune, abbia addirittura ricevuto dal sindaco una benemerenza per ‘abnegazione al lavoro’”.
L’Audi A6 (sequestrata) comprata dal boss al 41 bis
Ma sono diversi gli episodi inediti contenuti nella relazione del ministro. Uno di questi riguarda l’acquisto da parte dell’avvocato Macrì, eletto sindaco nell’ottobre 2018, di una Audi A6 per uso privato, sottoposta a confisca in danno del boss Antonio La Rosa, attualmente detenuto in regime di carcere duro, ritenuto a capo dell’omonimo clan di Tropea.
La vicenda, per il ministro, “comprova la sussistenza di rapporti e frequentazioni tra il sindaco ed esponenti della criminalità organizzata poiché’ l’acquisto da parte del sindaco dell’autovettura – formalmente intestata alla suocera, senza patente di guida, di esponenti apicali della locale criminalità organizzata – era oggetto di misure patrimoniali da parte dell’autorità giudiziaria. Anche per il prefetto di Vibo – ricorda la relazione – la vicenda rappresenta un sintomo evidente dell’assoluta vicinanza del sindaco di Tropea agli ambienti della criminalità organizzata, atteso che nessun amministratore locale, o aspirante tale, che impronti il proprio operato a principi di integrità porrebbe in essere rapporti commerciali con individui controindicati, fornendo evidente appoggio agli stessi al fine di evitare l’applicazione di misure patrimoniali disposte in loro danno”.