L’hanno “rimasta sola”. Anche il suo nume protettore, il presidente del senato Ignazio La Russa – l’uomo che l’ha inventata e accompagnata fino alla poltrona più alta del ministero del Turismo e che le ha dato le chiavi di Fratelli d’Italia in Lombardia – ieri l’ha mollata. Parliamo di Daniela Santanchè, naturalmente, fresca dell’ennesima batosta, ovvero il fallimento dell’estremo tentativo di spostare il procedimento che la vede indagata per truffa allo stato da Milano a Roma. Mercoledì notte la Cassazione ha risposto picche.
La Russa: “Credo che Daniela stia valutando” (le dimissioni)
E ora, per la Pitonessa, il secondo rinvio a giudizio potrebbe arrivare già a giugno (il procedimento riprenderà in aula il prossimo 26 marzo). Il secco “no” della Cassazione ha obbligato anche La Russa a prenderne atto. Le sue dimissioni ormai appaiono scontate, richieste da tutte le opposizioni e da parte della maggioranza, Fratelli d’Italia compreso.
“Credo che Daniela, quando ha detto che avrebbe valutato (le dimissioni, ndr), può darsi che valuti anche su questo. Però non l’ho sentita, mi è stato appena detto della sentenza, non ci ho ragionato, però certamente anche quello è un elemento di valutazione”, ha commentato La Russa dopo la decisione della Cassazione. Per l’ex protettore della ministra, inoltre, “le mozioni di sfiducia rafforzano lo sfiduciato, quando sono individuali: questa è la storia del passato, quindi credo che non è quello l’elemento di valutazione”. Un giro di parole, che significano molte cose, tranne un chiaro “Santanchè non si tocca”…
Per lei anche in FdI tira una brutta aria
Anche nel suo partito ormai la vedono come un morto (politicamente parlando) che cammina, lo si è vince dalle parole della deputata meloniana Sara Kelany: “Il presidente del Consiglio è stato chiarissimo su questo. Ha detto che occorre fare chiarezza su quello che è il merito. Se questi rinvii a giudizio influiranno su quello che è il lavoro da Ministro della Santanchè allora si faranno le opportune valutazioni. Al momento il Ministro sta lavorando bene. Pare non ci siano particolari necessità”. Pesa molto quel “chi se ne frega” detto da Santanché al proprio partito…
Ora, che una ministra possa “lavorare bene” quando è già stata rinviata a giudizio per falso in bilancio e rischia di finire a processo per truffa all’Inps, perché accusata di aver incassato la cassa integrazione mentre i suoi dipendenti erano al lavoro durante il Covid, appare assai difficile da pensare (per usare un eufemismo).
La Mozione di sfiducia M5S in aula il 10 febbraio
E anche la guerra ingaggiata da Meloni contro la magistratura, per quanto furibonda, non appare in grado di tenere Santanchè al riparo. Altra data da segnare sul calendario è lunedì 10 febbraio, giorno nel quale è stata calendarizzata la mozione di sfiducia alla ministra, presentata dal Movimento 5 Stelle, che verrà votata nei giorni successivi, probabilmente già martedì 11 febbraio.
Per il dem Scotto “le dimissioni dovevano essere istantanee”
Intanto le opposizioni continuano il loro martellamento: “Ormai Santanchè è stata scaricata persino da Ignazio La Russa. Che le chiede in maniera esplicita di valutare la possibilità di dimissioni. L’ostinazione della ministra del Turismo appare oggettivamente incredibile”, ha attaccato il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
Che aggiunge: “Non siamo mai andati dietro i risvolti giudiziari del caso Visibilia, abbiamo sempre posto da un anno e mezzo una questione politica di fondo: può una personalità istituzionale nonché imprenditrice usare i fondi della Cassa Covid per i propri dipendenti e continuare a farli lavorare per la propria azienda? A questa domanda non hanno mai risposto né lei, né Giorgia Meloni. Le dimissioni davanti a questo uso improprio di risorse pubbliche dovevano essere istantanee. Noi continuiamo a chiederle”.
In due giorni 40mila firme per mandarla a casa
E la petizione online su Change.org creata da un gruppo che si firma Opposizione popolare per chiedere le dimissioni di Santanchè, in meno di due giorni, ha raccolto quasi 40 mila firme“.
La beffa: Visibilia risanata in meno di un anno
Infine la beffa: ieri i giudici di Milano hanno sancito che l’amministratore giudiziario Maurizio Irrera ha risanato Visibilia Editore. Il “completo e positivo svolgimento dell’incarico”, scrivono i magistrati “ha portato, oltre alla virtuosa gestione ordinaria” di Visibilia Editore, “alla riorganizzazione interna della società e della controllata” Editrice, “al consolidamento patrimoniale con gli aumenti di capitale”, a “transazioni e patteggiamenti, alla conduzione con esito positivo del procedimento di composizione negoziata della crisi del Gruppo”, attraverso “la predisposizione del Piano di Risanamento”, che ora “può dirsi pressoché integralmente esaurito”. Il tutto in meno di un anno.