Ora che l’elezione del Presidente della Repubblica si è conclusa il Senato può finalmente prendere in mano le “sudfate carte” e tornare ad occuparsi di politica legislativa. Uno dei primi impegni sarà senz’altro la proposta di legge sul lobbying, che già è stata approvata alla Camera lo scorso dicembre con 339 voti favorevoli, 49 astenuti e nessun contrario. Non era mai successo in 50 anni che una legge su questo tema venisse votata in Aula.
Ora il Senato avrà dunque la possibilità di correggerne un vulnus importante: l’esclusione delle associazioni imprenditoriali come Confindustria e dei sindacati dagli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa. Molti deputati hanno difeso la decisione affermando che questi soggetti in realtà svolgono attività di concertazione. Verissimo, tuttavia fanno anche attività di lobbying, anzi, una fortissima attività di lobbying, a cui devono essere applicate le stesse regole che valgono per tutti gli altri.
A lanciare un appello alla politica italiana su questo aspetto, ci sono anche 42 professori universitari e ricercatori esperti di lobbying e politiche pubbliche europei e americani. Il discorso portato avanti dagli accademici è molto chiaro: bisogna affidarsi all’evidenza scientifica. Numerose ricerche dimostrano infatti che restringere il campo di applicazione delle regole di rappresentanza di interessi, attraverso definizioni di lobbying deficitarie ed esenzioni per particolari categorie, mina gravemente la solidità e la legittimità delle norme sulla trasparenza. Non si può d’altronde negare che molto spesso sono proprio le associazioni imprenditoriali e i sindacati ad essere foriere di accordi lobbistici.
È per questa ragione che i 42 accademici raccomandano vivamente di includere nella disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi tutte quelle organizzazioni il cui fine è anche quello di influenzare le politiche pubbliche. D’altronde se l’obiettivo di questa legge è quello di migliorare la trasparenza, la fiducia nelle istituzioni e la partecipazione di interessi privati nella formulazione delle politiche pubbliche, allora è necessario che i requisiti di trasparenza si applichino a tutte le organizzazioni coinvolte in attività di lobbying (associazioni imprenditoriali e sindacali comprese).
“Oltre che su questa questione di primaria importanza, ci sono almeno altri due aspetti della legge che devono essere corretti e migliorati”, spiegano da The Good Lobby, l’associazione per il lobbying civico, in un articolo sul Fatto Quotidiano. “Per prevenire il fenomeno delle porte girevoli, molto comune in Italia, il periodo di raffreddamento, ovvero il lasso di tempo che chi ha ricoperto un incarico pubblico deve fare passare prima di poter assumere la posizione di lobbista, deve essere di due anni, sia per i membri del governo (per i quali è previsto solo 1 anno), che per i Parlamentari, al momento ‘graziati’ dalle disposizioni previste. È fondamentale, inoltre, includere tra i decisori pubblici anche gli alti dirigenti con potere di firma, in modo da tracciare i loro incontri con i lobbisti e monitorare le attività decisionali che ruoteranno intorno al PNRR, e non solo. Ci auguriamo davvero che il Senato tenga conto dei fatti e metta l’interesse collettivo davanti ai capricci di qualche categoria. Noi faremo di tutto per farci sentire: voi potete aiutarci firmando la petizione per una regolamentazione del lobbying uguale per tutti”.
Un appello assolutamente condivisibile dinanzi al quale adesso sarà il Senato a dover prendere provvedimenti e, nell’eventualità, a cambiare la proposta di legge per renderla definitivamente più stringente.