Il voto sui consiglieri Rai di due giorni fa ha avuto, come era previsto, un riverbero immediato sulle alleanze in vista delle regionali liguri. Venerdì, infatti, Italia Viva – che un minuto dopo il voto in Parlamento aveva ingaggiato un aspro duello con il Movimento Cinque Stelle – ha annunciato il suo ritiro dalle elezioni.
Italia Viva lascia la coalizione: “Tutta colpa dei Cinquestelle”
Colpa delle “pressioni dei Cinquestelle”, ha accusato la coordinatrice nazionale, Raffaella Paita. “Gli accordi con il candidato Andrea Orlando e con gli altri partiti hanno portato alla creazione della lista Riformisti uniti, apparentata con lo stesso Orlando”, ha ricostruito, “La lista c’è ed è addirittura già apparentata. Ma nelle ultime ore – su pressione dei Cinque Stelle – ci è stato chiesto di eliminare l’apparentamento o cancellare dalla lista i nomi di alcuni nostri rappresentanti. E per noi non è politicamente serio”.
In effetti da settimane M5s e le altre forze di centrosinistra chiedevano che tra i candidati non vi fossero nomi che avevano sostenuto il sindaco Marco Bocci o il governatore Giovanni Toti. Una richiesta comprensibile per una coalizione che si presenta come antitetica al sistema di potere instaurato da Toti, crollato solo dopo la maxi inchiesta della procura di Genova e i patteggiamenti dei tre imputati principali (Toti, Spinelli, Signorini). Una richiesta non così comprensibile per il partito di Matteo Renzi, evidentemente.
Italia Viva: “Dignità prima delle poltrone”
“Non ci sono più i tempi per costruire una lista alternativa. Italia viva non parteciperà dunque alle elezioni regionali liguri, lasciando ai propri elettori e militanti la piena libertà di voto, avendo a cuore sempre e solo il futuro della Liguria”. Questione di dignità, conclude l’esponente del partito di Renzi, perché loro non sono interessati alle poltrone: “Siamo disponibili a fare gli accordi con il centrosinistra, ma non a tutti i costi. E questo deve essere chiaro per l’oggi e per il domani. Noi siamo favorevoli alla costruzione di una coalizione di centrosinistra anche facendo un generoso sforzo di mediazione, ma per noi – a differenza di altri, come abbiamo visto anche in queste ore a livello nazionale – prima delle poltrone viene la dignità. Possiamo rinunciare alle poltrone, ma non rinunceremo mai alla dignità. E alla libertà”.
L’appello di Orlando all’unità del campo largo
Dal canto suo, il candidato Andrea Orlando ha dovuto reagire e ha pubblicato un video contenente un appello all’unità del campo largo. “Una delle parole d’ordine che più spesso mi sento ripetere quando giro, quando incontro le persone nelle piazze, negli appuntamenti elettorali è: unità”, scandisce Orlando. “Questo è l’appello che arriva dal basso, lo voglio girare al campo largo, ai suoi dirigenti che in questo momento hanno momenti di tensione, di frizione e lo voglio rafforzare non solo perché, lo voglio dire con molta chiarezza, andiamo incontro a una tornata importante dal punto di vista amministrativo in Liguria, poi in Umbria e in Emilia-Romagna”. Un atto dovuto.
Tuttavia la rinuncia di Italia Viva elimina il principale motivo di attrito all’interno della coalizione che sfiderà il sindaco Bucci. E toglie anche molti imbarazzi: “Come facciamo ad allearci con chi sedeva fino a pochi giorni fa accanto a Bucci in Consiglio comunale?”, si sono chiesti fin da subito molti esponenti del centrosinistra ligure. Ieri hanno avuto la risposta, non dovranno.
Reddito di cittadinanza “smart”
Intanto Orlando lancia il “reddito di cittadinanza regionale”: “Dobbiamo fare una ricognizione seria di chi è rimasto scoperto dopo la cancellazione del reddito di cittadinanza e serve una grande alleanza con chi si occupa di povertà, da cui capire come si può agire, offrendo trasferimenti o servizi. In questo contesto, un reddito di cittadinanza ‘smart’, integrato con una rete di protezione, si può sperimentare”, ha spiegato.
E ha parlato anche di una possibile forma di salario minimo regionale: “Si garantisca che nei bandi di competenza regionale venga inserito il requisito di un minimo salariale: è un problema che riguarda più il settore dei servizi che la sanità”. Proposte serie che forse agli elettori interessano più delle beghe per la “dignità” e, soprattutto, le “poltrone”.