“Il sovranismo di Giorgia Meloni era solo uno specchietto per le allodole e ormai i suoi elettori lo hanno capito”. È netto il giudizio del senatore M5S, Ettore Licheri, sull’operato della premier.
Emmanuel Macron ha ricevuto all’Eliseo Volodymyr Zelensky e Olaf Scholz in un trilaterale del tutto inatteso. Un appuntamento in cui la grande esclusa è stata Giorgia Meloni. Ettore Licheri, senatore M5S, lei oggi è vice presidente della Commissione Esteri ed in passato è stato Presidente della Commissione affari europei in Senato, che idea si è fatta?
“Semplice, è stata lasciata a casa. E non certo, come ha detto qualche guerrafondaio, per le titubanze dell’Italia sull’invio di armi a Kiev, dato che su questo il governo di destra ha mostrato di essere in cieca continuità con il governo Draghi. No, il problema è che l’Italia rappresentata dalla Meloni non conta nulla in Europa. E non è un fatto di cui gioire ma occorre prenderne atto: estromessa dai tavoli importanti per via degli incidenti diplomatici collezionati in questi mesi, per il prossimo futuro Giorgia Meloni sarà solo spettatrice, figura comprimaria, di fatto impossibilitata a difendere gli interessi del nostro Paese ed a far valere le nostre posizioni. Il messaggio internazionale è chiaro: Parigi e Berlino ci hanno sbattuto la porta in faccia. Hanno detto chiaro e tondo che, sul dossier Ucraina, Roma non avrà un ruolo di pari grado al loro”.
Subito dopo che è stata data notizia del trilaterale a Parigi, da Palazzo Chigi è uscita una nota che ha minimizzato lo smacco subito. Peccato che la Meloni, dopo nemmeno 24 ore, ha di fatto ammesso di esserci rimasta male accusando Macron di aver invitato Zelensky e Scholz mettendo a rischio l’unità dell’Europa. Condivide questa visione?
“E così facendo ha aggiunto danno al danno. Quella nota di Palazzo Chigi è un sostanziale certificato di invalidità politica. Del resto, questa è Giorgia Meloni: inadeguata ed impulsiva. Una bulletta che con le spacconate tenta di nascondere le sue debolezze. Ma sappiamo tutti che ai tavoli delle cancellerie estere ci vuole ben altro per impressionare. Ora, con questa sua uscita, a dir poco sconveniente, l’Europa intera perderà di credibilità, mostreremo a Kiev e a Mosca una grave spaccatura, e la considerazione internazionale del nostro paese scivolerà al medesimo livello dell’Ungheria di Orban”.
Dalla campagna elettorale in cui gridava che per l’Unione europea “la pacchia è finita”, alla frase pronunciata a margine del Consiglio Ue in cui la Meloni ha detto sostanzialmente che gli interessi europei devono prevalere su quelli nazionali. Siamo già all’abiura del sovranismo su cui la premier ha creato il proprio consenso elettorale?
“Il sovranismo era solo uno specchietto per le allodole. Un artificio propagandistico per arrivare al governo. Ma oggi gli elettori della Meloni stanno contando le sue retromarce. E cominciano ad essere tante, troppe. L’invio di armi senza impegni negoziali, il numero triplicato di migranti sbarcati rispetto all’anno scorso, il ritorno alle politiche dell’austerity, l’aumento delle accise, il taglio all’adeguamento delle pensioni, la ratifica del Mes ed ora, come se non bastasse, l’emarginazione dai tavoli europei. Comincio a pensare che la sua luna di miele con gli elettori sia agli sgoccioli”.
Durante il Consiglio europeo, a cui ha preso parte Zelensky in persona, si è discusso soprattutto del conflitto in Ucraina e la posizione dell’Ue resta quella di un aiuto incondizionato a Kiev. Come giudica il fatto che si continua a parlare di forniture di armi mentre nessuno spende una parola per la pace?
“L’Ucraina ha bisogno di sostegno militare e quello che le arriverà da Stati Uniti e Gran Bretagna, non solo in termini di armi ma soprattutto di supporto di intelligence alle truppe sul terreno, è tantissimo e più che sufficiente. L’Europa ha dato e sta ancora dando tanto, ma è arrivata al limite. Adesso è il momento di ricordarsi che l’Europa non è un’alleanza militare, come la Nato, ma una comunità politica fondata per scongiurare altre guerre in Europa. Ecco, questo dobbiamo fare se vogliamo aiutare la gente dell’Ucraina: tornare come europei sulla scena politica e lavorare prepotentemente per una soluzione negoziale. Ieri i carri armati europei, oggi i caccia e domani, magari, le nostre truppe? No, così non si aiuta nessuno. Così è terza guerra mondiale sicura. Qualcuno deve convincere Zelensky e Putin che hanno più da guadagnare da una soluzione politica che dalla guerra e questo è un lavoro che spetta all’Europa”.
Durante il vertice Ursula von Der Leyen è tornata a caldeggiare l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue che, anche se dovesse concretizzarsi, richiederà anni. Alla luce del conflitto e dei rischi di un’escalation incontrollata con la Russia, a suo parere è opportuno fare simili discorsi?
“Ritengo storicamente naturale l’ingresso dell’Ucraina nella famiglia europea. Ma ogni cosa richiede il suo tempo. Tutto ciò potrà avvenire , dunque, ma solo quando la guerra sarà finita, quando in Europa le armi cesseranno di sparare dentro una cornice di sicurezza eurasiatica e sotto un ritrovato spirito di Helsinki. La prospettiva futura di un ingresso dell’Ucraina nell’Ue potrebbe anche essere una buona moneta di scambio e di compensazione per la rinuncia di Kiev all’ingresso nella Nato e quindi un viatico ad un accordo con Mosca”.
Ci dica la verità, come giudica i passi del governo Meloni in fatto di politica internazionale e anche nella gestione dei rapporti con i nostri partner europei?
“Senta, sono stato personalmente testimone dell’impresa di persuasione compiuta da Giuseppe Conte nel 2020 che, come tutti sanno, si concluse con l’invio all’Italia dei 230 miliardi di Pnrr. E ricordo ancora le parole che mi disse un giorno un funzionario dell’Unione europea: ‘lavoro qui a Bruxelles da 30 anni, e non avevo mai visto prima un leader lottare con così tanta tenacia per il suo Paese’. Lei oggi mi chiede un giudizio su Giorgia Meloni ai tavoli europei ed io non posso che tristemente risponderle: non pervenuta”.
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