di Alessandro Ciancio
Mentre si attendevano quelle sul sistema di rimborso dei crediti Iva e per l’Ilva di Taranto, ieri mattina è arrivata a sorpresa la bacchettata per i limiti posti alla responsabilità civile dei giudici nell’applicazione del diritto europeo. L’apertura di un’ennesima procedura di infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea nasce dal mancato rispetto della condanna decretata per lo stesso motivo dalla Corte di giustizia Ue nel novembre 2011 ed è stata preparata dal servizio giuridico della Commissione che fa capo direttamente al gabinetto del presidente Josè Manuel Barroso.
Secondo fonti comunitarie, «se entro i prossimi mesi l’Italia non si adeguerà alla prima sentenza della Corte sarà deferita nuovamente ai giudici europei. Con il concreto rischio, questa volta, di dover pagare anche sanzioni pecuniarie». Bruxelles si è in pratica limitata a constatare che a quasi due anni dalla prima condanna, il nostro Paese non ha fatto quanto necessario per eliminare la violazione del diritto europeo constatata a suo tempo. La prima sentenza emessa dai giudici europei ha decretato che la legge italiana sulla responsabilità civile dei magistrati li protegge in modo eccessivo dalle conseguenze del loro operato, ovvero rispetto agli eventuali errori commessi nell’applicazione del diritto europeo (oggi circa l’80% delle norme nazionali deriva da provvedimenti comunitari).
Due in particolare le ragioni che hanno portato Commissione e Corte ha censurare la normativa italiana giudicandola incompatibile con il diritto comunitario. In primo luogo, la legge nazionale esclude in linea generale la responsabilità dei magistrati per i loro errori di interpretazione e valutazione. Inoltre, la responsabilità dello Stato scatta solo quando sia dimostrato il dolo o la colpa grave. Un concetto, quest’ultimo, che secondo gli esperti Ue la Cassazione ha interpretato in maniera troppo restrittiva circoscrivendola a sbagli che abbiano un carattere «manifestamente aberrante».
La soddisfazione del Pdl
Com’era facile aspettarsi, la notizia è stata letta in controluce dal centrodestra come la conferma dell’assenza in Italia di uno Stato di diritto in Italia e quindi come un’implicita sconfessione dei magistrati che hanno condannato Berlusconi. Nemmeno il tempo di leggere i take di agenzia ed ecco che diversi esponenti del Pdl commentavano con soddisfazione il provvedimento: «Il governo dovrebbe intervenire con urgenza per impedire gli arbitrii commessi dagli stessi magistrati a causa degli errori di interpretazione e di valutazione, che in Italia derivano essenzialmente da pregiudizi e da giudizi di carattere politico e ideologico» (Sandro Bondi); «C’è un ‘giudice a Berlino’, anzi in Europa. La responsabilità civile dei magistrati dev’essere legge, come da precisa norma della Ue. In Italia non lo è. La loro lobby potentissima, sostenuta dalla sinistra con equivoca compiacenza, ha impedito finora che questo principio elementare diventasse regola e prassi. E ora la multa chi la pagherà? I magistrati? La sinistra?» (Renato Brunetta); «Tutti siamo civilmente responsabili del nostro operato professionale, i magistrati no. Ora anche l’Ue ce lo ricorda pesantemente avvisandoci del ‘rischio concreto, questa volta, di dover pagare anche sanzioni pecuniarie’. Come se non bastassero i danni economici che l’azione insistita di alcuni magistrati già sta facendo al sistema economico italiano» (Maurizio Lupi); «Parlamento e il governo riflettano sulla possibilità di istituire, dopo la sessione di bilancio, un’apposita finestra per dibattere e deliberare una riforma organica della giustizia, per farla realmente funzionare» (Mara Carfagna).
Il profilo basso del Pd
Altrettanto prevedibile è stato il profilo basso che il Pd ha invece preferito mantenere sulla vicenda, rifugiandosi in una laconica dichiarazione del suo capogruppo al Senato. «Chi come me – ha detto Luigi Zanda – crede nella necessità che l’Europa rafforzi la sua unione politica, non può che prendere atto con rispetto della nota del servizio giuridico della Commissione europea sul delicato tema dei rapporti tra la giustizia italiana e l’applicazione del diritto comunitario. Prima di esprimersi nel merito, occorre però esaminare la nota con grande attenzione. Solo dopo averlo fatto, verranno assunte le eventuali decisioni conseguenti. Naturalmente – ha concluso – senza incidere sui principi dell’autonomia e dell’indipendenza che la Costituzione riconosce alla magistratura». Un’interpretazione di quanto è avvenuto che è stata successivamente rafforzata dal vicepresidente del Csm Michele Vietti: «Dall’Europa nulla di nuovo. Bruxelles si limita a constatare che l’Italia non ha dato seguito alla sentenza di condanna della Corte di giustizia Ue. Se invece di passare il tempo a polemizzare ad uso interno su quello che la Corte non ha detto avessimo provveduto a uniformarci alla sua pronuncia non ci troveremmo esposti ad una nuova bacchettata».