Per carità: nel corso degli ultimi anni, specie sotto la gestione del sottosegretario Sandro Gozi, la situazione italiana è migliorata. Ma le procedure d’infrazione aperte dall’Unione europea a danno del nostro Paese resta una problematica di non poco conto. Perché se è pur vero che nel 2014 si toccava quota 120 capitoli aperti presso la Commissione europea e oggi se ne contano (secondo l’ultimo aggiornamento di fine gennaio) 75, è altrettanto vero che nella lista di procedure c’è davvero di tutto. Accanto a infrazioni pesanti, come quelle relative all’Ilva di Taranto o all’emergenza rifiuti in Campania (aperta addirittura nel 2007), troviamo anche casi più bislacchi, come le regole “sulla composizione delle squadre di Pallanuoto” oppure il mancato recepimento della direttiva riguardante “l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori”, fino ad arrivare all’attività di pesca delle navi battenti bandiera italiana nelle acque della Guinea Bissau e Gambia.
Ambiente rovinato – In totale, come detto, parliamo di 75 procedure d’infrazione, di cui 55 per violazione del diritto dell’Unione e 20 per mancato recepimento di direttive. L’ambito dove siamo da cartellino rosso è senz’altro quello relativo all’Ambiente, con 16 procedure aperte: dal livello delle polveri sottili al caso già citato dell’emergenza rifiuti in Campania, per finire al trattamento delle acque reflue urbane. Un problema, quest’ultimo, non da poco e che l’Italia continua a sottovalutare. Secondo il rapporto europeo sull’attuazione delle politiche ambientali pubblicato all’inizio di febbraio 2017, infatti, siamo indietro anche sulla semplice rilevazione dei volumi delle acque, dato che “i dati relativi al trattamento delle acque reflue urbane mancavano completamente o parzialmente per alcune regioni, rendendo impossibile calcolare i tassi di conformità a livello nazionale”. Insomma, il caos. Com’è il caos pure per la questione accoglienza, per la quale contro il nostro Paese ci sono ben quattro procedure aperte.
Paga Pantalone – Una situazione tutt’altro che rosea e che, peraltro, potrebbe costarci molto caro. In caso di condanna, infatti, alla somma forfettaria, che per l’Italia ammonta a 8 milioni 863 mila euro (e che si paga anche nel caso in cui il recepimento venga effettuato nel corso del dibattimento), si aggiunge una penalità di mora che oscilla invece da 10.700 a 642.048 euro al giorno. Nel frattempo, però, l’Italia fa spallucce e prosegue troppo a rilento. Per dire: tra le procedure ancora aperte, ben tre risalgono al 2003. Parliamo della violazione del diritto Ue in merito all’accordo bilaterale con gli Stati Uniti in materia di servizi aerei, della non corretta applicazione relativa alla gestione dei rifiuti pericolosi, per finire al “sovrapprezzo per onere nucleare e per nuovi impianti”. Procedure aperte, come detto, da anni. Senza che nessuno corra ai ripari
Tw: @CarmineGazzanni