di Angelo Perfetti
Circa tre ore a Palazzo Chigi. Il faccia a faccia tra Enrico Letta e Angelino Alfano – duro, molto duro, dicono fonti di palazzo – è durato tanto. Il primo a uscire da Palazzo Chigi è stato il premier, seguito dopo circa dieci minuti da Alfano. Al centro dei colloqui c’era lo scontro politico nella maggioranza sul voto in giunta a Palazzo Madama sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore. Troppi i nodi esistenti per liquidarli in poche battute, troppo alta la posta in gioco: la sopravvivenza del governo. Un governo che riceve applausi in Europa più per ciò che ha detto di fare che per ciò che ha fatto. E l’agenda autunnale è zeppa di impegni. Ma l’unico modo per rispettarli è trovare una exit strategy per il leader del centrodestra. Invece, alla fine, nonostante gli evidenti sforzi di tempo per arrivare ad un punto d’incontro, il confronto non è andato bene. Le posizioni restano distanti sulla cosiddetta “agibilità politica” del Cavaliere.
La discussione
Il segretario Pdl Angelino Alfano, a quanto si apprende da fonti di piazza Colonna, ha fatto presente che per il Pdl è inaccettabile che il partner di governo, il Pd, non consideri il tema della non retroattività della legge Severino in vista del voto della giunta al Senato. Il premier Letta, invece, sottolineano ambienti vicini al premier, si muove in tutt’altra logica, considerando sbagliata la sovrapposizione dei due livelli di governo e della vicenda giuridica che riguarda gli ‘interna corporis’ del Senato. Per Letta a decidere è la giunta e secondo criteri giuridici e non politici.
Punti di contatto
“Passi avanti” sono stati fatti sulla questione dell’Imu e dell’Iva, convinti che nel Consiglio dei ministri del prossimo 28 agosto si possa arrivare a “buone soluzioni”. Ma – parlando della salute del governo – è come dare l’aspirina ad un malato terminale. Quella della fiscalità, infatti, è uno dei temi cari al centrodestra, ma è nulla a paragone della sopravvivenza stessa – politica s’intende – del proprio leader. In questo senso anche molto colombe hanno iniziato a mostrarsi meno pacifiste, e persino i vertici impreditoriali del Cav, che pure hanno come mission l’accumulo di ricchezze delle aziende, hanno iniziato a capire che far fuori il leader del Pdl significa indebolire nello scacchiere l’intera squadra, aziende comprese.
La mattinata austriaca
Dare la spallata al governo, proprio adesso che la ‘terra promessa’ dell’uscita dalla crisi è a portata di mano, sarebbe ‘paradossale’. Enrico Letta da Vienna ha difeso per tutto il giorno la tenuta del governo. Il presidente del Consiglio ha usato toni di apertura e metafore bibliche, parlato di “difficolta’ superabili”, chiede “a tutti responsabilita’ e lungimiranza”. Sarebbe “paradossale in un momento del genere avvitarsi in questioni di politica interna” proprio mentre l’Italia “ha davanti delle grandissime opportunita’, confido nella responsabilità e nella lungimiranza di tutti”, ha ripetuto Letta lanciando un vero e proprio appello al Pdl, da giorni sul piede di guerra a difesa dell’agibilità politica del suo leader. “L’Italia è un Paese che ha i conti a posto – ha detto – che e’ uscita con sacrificio dalla procedura d’infrazione” ma che adesso agganciare finalmente la timida ripresa che si annuncia.
Un appello che non ha sortito l’effetto di ammorbidire il centrodestra. Alfano ha detto di non voler staccare la spina al governo, ma di ritenere insopportabilel’atteggiamento di chiudura del pd. Con queste basi, non c’è molto da sperare per il prossimo futuro. E intanto i vertici del Pdl si sono dati un nuovoappuntamento ad Arcore e lo hanno fissato per domani. Il nuovo incontro servirà a definire le prossime mosse sulla base proprio del colloquio tra Letta e Alfano.