Prima ancora di poter crescere forte e rigoglioso, il nuovo Ulivo di Enrico Letta è già secco. Che il voto del Senato sulla tagliola al ddl Zan (leggi l’articolo) potesse avere ripercussioni sul progetto politico lo si era capito già dalle prime dichiarazioni piccate, culminate in una serie di accuse reciproche tra dem e renziani. Così nel day after perfino il segretario dem non ha potuto far altro che prendere atto della frattura, ad onor del vero in modo tardivo visto che va avanti da qualche mese, innescata da Matteo Renzi che all’interno del centrosinistra viene considerato il vero regista occulto della débâcle del ddl Zan (leggi l’articolo).
“Nella giornata di ieri si è sancita una rottura, anche una rottura di fiducia, a tutto campo. Italia Viva ma complessivamente con la parte che ha votato in quel modo”, ha detto il segretario del Pd a Radio Immagina. In particolare, rivela il leader dei dem, “mi lasciano perplesso le dichiarazioni da parte di Italia Viva che immediatamente hanno cominciato a prendersela con noi. Chi reagisce così ha qualcosa da nascondere e credo che una reazione così vocale, anche sguaiata da parte di esponenti di Italia Viva ho l’impressione che la dica lunga”.
Ma Letta ne ha per tutti perché se da un lato la delusione per il comportamento dei renziani è grande, dall’altro non può che segnalare come sia stata decisiva, per mandare a monte il ddl Zan, la decisione di ricorrere al voto segreto. Quanto stabilito dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, “non aveva senso, è stata una forzatura” spiega Letta secondo cui “stiamo parlando non del merito, di una scelta di caso di coscienza, ma del passaggio o no degli articoli. Non capisce cosa c’entri il voto segreto con questo tema”.
Un aiutino, quello arrivato dal vertice di Palazzo Madama, che ha fatto saltare il banco perché “dietro alla maggioranza Salvini-Meloni si sono allineati in tanti” e quanto accaduto mostra “un’Italia che si è allineata con la Polonia e se la prende con le minoranze. Credo che sia stata una brutta giornata per la storia del nostro Paese e del Parlamento. Io sono orgoglioso di essere dall’altra parte e di essere con il mio partito il perno dell’alternativa”.
La dura realtà, conclude, è che “ieri sul ddl Zan hanno fatto le prove generali dei giochi per il Quirinale e delle alleanze politiche” che verranno, “e lo hanno fatto sui diritti delle persone”. Parole a cui non ha tardato la risposta di Renzi che ha provato a rigirare la frittata sostenendo: “Io che ho firmato la legge sulle unioni civili, dico che il disegno di legge Zan è fallito per colpa, responsabilità e scelta del Pd e del M5s”. Poi il segretario di Italia Viva ha rincarato la dose parlando di “arroganza e incapacità di fare politica” da parte di chi in queste ore lo accusa.
LA PARTITA DEL QUIRINALE. Per quanto la delusione di Letta sia comprensibile, per capire che il suo progetto politico inclusivo fosse destinato al fallimento bastava sentire il Movimento che, da settimane, ha provato ad avvertirlo. Ma il segretario dem ha provato a inseguire un sogno a cui, in fondo, credeva soltanto lui. A mettere le cose in chiaro, ricordando l’inaffidabilità di Renzi, è stato Giuseppe Conte che da tempo ripete: “Non ce lo vedo il M5s a fare un ramo dell’Ulivo… Noi la transizione ecologica l’abbiamo nel Dna e siamo un albero che dà ossigeno per nostro conto”.
“Il Pd può fare le valutazioni che ritiene” ha spiegato Conte, “se pensa di riproporre la stagione del vecchio Ulivo, bene. Ma riproporre vecchie formule adesso non credo abbia molto senso, il contesto è diverso”. Difficile dargli torto visto che proprio le istrioniche mosse di Renzi hanno sconquassato il centrosinistra in più occasioni, prima spaccando il Pd e portando alla nascita di Italia Viva, poi picconando il governo giallorosso e ora mettendo ko il ddl Zan.
Ma la partita non è conclusa perché la prossima sfida sarà quella del Quirinale per il quale Renzi da tempo flirta col centrodestra. Lo sa bene l’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, secondo cui “sul ddl Zan al Senato c’è stato un colpo molto grave ai diritti e temo che sia stata una prova generale per il quarto scrutinio per il Quirinale. È tempo che il campo progressista prenda piena coscienza della situazione”.