di Angelo Perfetti
Mi dispiace per il partito della bocciatura, ha detto il ministro Saccomanni nell’illustrare i movimenti del governo italiano per assicurarsi di restare nel parametro del 3% di rapporto tra Pil e deficit. Spending review, privatizzazioni, la ricetta fornita all’Europa secondo il nostro ministro all’Economia è quella giusta. Si potrebbe rispondere: “Ci dispiace per Saccomanni”, ma è la stessa Europa a mostrare di non fidarsi più di tanto delle previsioni dell’esecutivo letta: “In Italia – ha detto Olli Rehn – la preoccupazione principale è il livello del debito. Siamo al corrente del recente annuncio sulle privatizzazioni e siamo in attesa di ulteriori dettagli, in particolare per sapere se i risultati della spending review arriveranno già nel 2014”. Dunque al termine dell’Eurogruppo che ha valutato i progetti delle leggi di stabilità dei 13 paesi dell’Eurozona che non sono sotto programma di aiuti, per l’Italia non c’è stata una stending ovation, né parole di certezza sugli sforzi che il nostro Paese è in grado di fare.
L’escamotage evidente
D’altronde è impossibile non pensare che il fatto che il governo abbia annunciato una serie di privatizzazioni e nel contempo abbia rimandato la discussione sull’Imu proprio il giorno prima di presentarsi in Europa sia un escamotage per evitare di prendere bacchettate sulle mani. E infatti Bruxelles, che sa che quei 2,4 miliardi di mancata entrata Imu sonio insostenibili per la nostra economia, ha tirato un sospiro di sollievo solo quando ha capito che ci si appresta nuovamente ad intervenire sulle accise, facendo aumentare ancora una volta il costo della benzina. Per l’Europa una soluzione, per noi una beffa. L’ennesima.
Le proposte del Governo
Fatta questa lunga èpremessa, per dovere di cronaca va registrata la posizione del Governo. Per Saccomanni la legge di stabilità non si cambia, il ‘test’ Eurogruppo è stato superato e tutto quello che chiede la Commissione europea è assicurato dalle misure che il governo ha già in cantiere. Il ministro si è detto soddisfatto dal “risultato del tutto positivo” raggiunto perché l’Eurogruppo “ha riconosciuto che le misure vanno in quella direzione (di riduzione del debito, ndr), con un processo parallelo al bilancio”. L’Europa ora ha “pienamente capito queste misure addizionali” e ha anche compreso che “già le avevamo previste e non è che le abbiamo fatte perché ce l’hanno chiesto loro”. Del resto, spiega, i rilievi si sono basati su una bozza presentata il 15 ottobre, che quindi non teneva conto di privatizzazioni, spending review, il progetto quote Bankitalia, che secondo il governo rispondono ed esauriscono le richieste Ue. Per il premier Letta “l’Italia ha chiaramente fatto i compiti a casa, e adesso siamo pronti a presentare le nostre idee per l’Europa, perché pensiamo che l’Ue stia perdendo un mucchio di soldi per i ritardi sulle riforme delle sue istituzioni”. Secondo il premier sull’Italia sono diffuse tre considerazioni “sbagliate”: la prima che l’Italia sia “un Paese assistito e aiutato e che sta andando fuori dalla crisi grazie al denaro dei cittadini tedeschi”; la seconda considerazione sbagliata è che “le banche sono sostenute dallo Stato”; la terza è che “solo la Germania sta pagando per salvare l’Europa”. Su quest’ultimo punto non si può dar torto al premier, ma il tutto rappresenta un’aggravante: perché ora è chiaro che alla Germania, che è la prima a chiedere sacrifici agli italiani, è stato consentito di alzare troppo la voce a danno di un popolo, quello italico, super gravato di tasse per calmare i teutonici bollori.
Il mea culpa
“Se si continua con tasse e tagli Grillo avrà la maggioranza”, ha detto il presidente del consiglio Enrico Letta a Berlino. “Basta con tagli e tasse o Grillo arriva al 51%”, ha aggiunto riferendosi all’avanzata populista in Europa e al leader di 5 Stelle Beppe Grillo. Peccato che mentre pronunciava queste parole si annunciava contemporaneamente l’innalzamento delle accise sulla benzina, ossia il prelievo più odiato dopo quello sulla casa. A che gioco giochiamo?