Quella di oggi per tanti è una ricorrenza particolare perché è l’anniversario della guerra in Ucraina, iniziata due anni fa con l’invasione delle regioni separatiste del Donbass da parte della Russia. Una visione un po’ superficiale di un conflitto che, in realtà, si trascina ormai da dieci anni e per la precisione dal 20 gennaio 2014 quando l’esercito di Vladimir Putin ha conquistato, letteralmente senza sparare un colpo, la Crimea.
Già perché quello che tanti non considerano è che l’evento scatenante è stato proprio quest’ultimo e che da quel momento, malgrado un’apparente calma, il conflitto è continuato fino ai giorni nostri con quella che inizialmente veniva sminuita come una “guerra civile” tra l’Ucraina e le repubbliche indipendentiste del Donbass ma che poi, con il coinvolgimento della Russia, si è trasformata in una più classica contesa tra due eserciti regolari contrapposti.
Scontro decennale
Uno scontro che tanti opinionisti credevano si sarebbe risolto in poche ore, con un blitz dell’esercito russo che veniva descritto come una macchina perfetta, e che invece sta durando oltre ogni ragionevole previsione grazie all’eroica resistenza delle forze armate di Volodymyr Zelensky che, rifornite di armi dall’Occidente, ha saputo tenere testa allo zar. Il problema è che le forniture che arrivavano copiose, non hanno spostato l’ago della bilancia che continua a pendere verso la Russia ma sembrano aver soltanto prolungato il conflitto e causato ulteriori spargimenti di sangue.
Questo non significa che si doveva lasciare strada spianata al regime dello zar ma che di pari passo con questo impegno militare da parte occidentale, gli alleati di Zelensky – soprattutto l’Unione europea che per vocazione dovrebbe cercare la pace – avrebbero dovuto portare avanti iniziative diplomatiche per far finire le ostilità, salvaguardando il territorio ucraino, che fin qui non si sono viste.
Il timore di una débâcle
Questo perché tanti hanno puntato sulla vittoria finale di Kiev, ignorando che questa non può verificarsi perché l’avversario è una potenza nucleare guidata da un regime illiberale che messo alle strette potrebbe utilizzare tutto il proprio arsenale. Così si è preferito andare avanti fino ad arrivare all’attuale fase del conflitto dove la controffensiva ucraina che doveva ribaltare le sorti del conflitto si è rivelata un completo fallimento e che Zelensky, vista anche la crisi mediorientale, sembra non riuscire più a convincere gli alleati a sostenere il suo sforzo bellico.
Del resto l’esercito ucraino, a corto di armamenti e soprattutto di uomini, ormai appare in rotta come si evince dalla rovinosa ritirata che si è consumata lunedì dalla città di Avdiivka e non sembra capace di resistere a lungo all’avanzata dell’esercito di Mosca che ha ripreso l’iniziativa su tutto il fronte.
Proprio per questo appare difficile credere all’annuncio, fatto ieri da Zelensky, di una nuova controffensiva Che a Kiev l’aria sia pesante lo si capisce anche dai continui cambi dei vertici militari, non ultimo quello dell’ex Capo dell’esercito Valery Zaluzhny, e soprattutto dal reportage dell’agenzia Dire secondo cui in Ucraina sono in corso reclutamenti ‘forzati’ per cercare di rimpolpare le truppe al fronte. Davanti a uno scenario così preoccupante e con il rischio concreto che la Russia possa guadagnare altro terreno, vanificando completamente lo sforzo degli ucraini, appare più che mai necessario tornare al tavolo della diplomazia e convincere Putin a fermare questa assurda invasione.