Un’emergenza nell’emergenza. Un circolo drammaticamente vizioso da cui difficilmente si potrà uscire senza un intervento determinato da parte dello Stato. Perché il problema non è solo colmare il vuoto d’organico di chi combatte contro la mafia nelle strade foggiane, ma anche monitorare la situazione del carcere dauno. Ed ecco allora l’allarme del Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria. Sono certamente apprezzabili gli interventi che lo Stato metteraà in campo per “combattere, finalmente, la delinquenza organizzata del Foggiano e del Gargano”, ma servono “analoghi provvedimenti urgenti” anche per il carcere di Foggia, che potrebbe divenire a breve “la residenza per decine di pericolosi malavitosi” e che vive già una “situazione incandescente”. Secondo il Sappe, infatti, il penitenziario del capoluogo dauno fa i conti con un sovraffollamento “tra i più alti della nazione” e con una carenza di agenti “di almeno 60 unità”.
“Questa situazione – lamenta il sindacato – non consente di poter gestire la sicurezza del carcere in maniera adeguata, con il muro di cinta, soprattutto nelle ore serali e notturne pressoché sguarnito” e le sezioni detentive con gli addetti alla sorveglianza “ridotti al lumicino” e senza “possibilità di controllare in maniera adeguata, soprattutto gli appartenenti ai clan malavitosi della zona”. Proprio per la carenza di agenti “nelle scorse settimane un detenuto appartenente all’Isis arrestato a Foggia con la partecipazione di parecchi appartenenti alle forze dell’ordine, sarebbe stato poi accompagnato il giorno dopo presso il tribunale con un pullman insieme ad altri 10 detenuti con soli otto poliziotti di scorta ed il coordinatore. Sempre lo stesso detenuto islamico sarebbe stato poi accompagnato davanti al magistrato da soli due poliziotti”. Il sindacato chiede perciò che anche l’amministrazione penitenziaria “metta in campo tutte le risorse necessarie” in termini di uomini e mezzi.