Era stata posta, con una certa enfasi, come condizione imprescindibile dal segretario Nicola Zingaretti in direzione Pd per ufficializzare la posizione dei dem sul referendum per il taglio del numero dei parlamentari: stiamo parlando della riforma della legge elettorale. Che, con la schiacciante vittoria del Sì, va adeguata al futuro assetto del Parlamento. Ma il diavolo si annida nei dettagli, che nella fattispecie si identificano con la soglia di sbarramento (che fa paura) e la questione dei listini bloccati (l’eventuale voto di preferenza toglie potere di nomina alle segreterie dei partiti).
Ed è così che, nonostante un testo base ci sia già, i dubbi e i malumori serpeggiano e ne rallentano l’iter. Slitta ancora, dunque, la fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti in attesa che il governo depositi la relazione tecnica chiesta ieri dal centrodestra e accolta dall’ufficio di presidenza nell’ultima seduta della commissione Affari costituzionali dedicata al Brescellum, il testo elaborato dal presidente Giuseppe Brescia (nella foto) sulla base dell’accordo siglato lo scorso autunno dalla maggioranza e che prevede un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5% e diritto di tribuna per i piccoli partiti. Dunque, per il termine degli emendamenti non se ne riparlerà prima di una settimana: “Abbiamo dato al governo il termine dell’8 ottobre per fornire i chiarimenti chiesti dall’opposizione. Ogni decisione sul termine degli emendamenti sarà assunta dopo quella data in un nuovo ufficio di presidenza”, ha detto lo stesso Brescia.
Il quale ha scritto la bozza della nuova legge elettorale già a gennaio scorso: la proposta era stata sostenuta dal Pd e dal M5S, contro le opposizioni, mentre Italia Viva non aveva partecipato al voto e LeU si era astenuta. Anche quando sarà superato lo stallo in commissione, la discussione si preannuncia in ogni caso molto lunga: su alcuni punti nemmeno nella maggioranza c’è un accordo definitivo, il Brescellum abolisce i collegi uninominali e le liste di coalizione previste dall’attuale legge elettorale, il Rosatellum (un sistema proporzionale per due terzi dei seggi, maggioritario per un terzo, con soglia di sbarramento al 3 per cento, coalizioni e listini bloccati).
Il nuovo testo prevede che tutti i seggi di Camera e Senato, con l’eccezione di quelli riservati all’estero e alla Valle d’Aosta, siano assegnati in maniera proporzionale rispetto al numero di voti raccolti nelle singole circoscrizioni con una soglia di sbarramento più alta rispetto al passato, fissata al 5 per cento: ovvio che a rischiare di non entrare in Parlamento sono i rappresentanti dei partiti più deboli, due dei quali sono presenti nella maggioranza di governo: LeU e Iv. Altro nodo da risolvere è quello elgato alla modalità di scelta degli eletti e delle elette. Il testo base votato in commissione non interviene, per ora, sui cosiddetti “listini bloccati” ma il M5S ha chiesto l’introduzione delle preferenze.