“Ci sono settori che hanno difficoltà ad assumere e bisogna aiutarli. Noi chiediamo la reintroduzione dei voucher e del lavoro a tempo. Meglio un lavoro a tempo che un non lavoro”. Così ha esordito ieri Matteo Salvini all’uscita dal Senato.
Reintrodurre i voucher: dopo i licenziamenti la Lega rilancia il precariato
Poche frasi che rivelano l’attacco congegnato per sfruttare ancora di più il lavoro dipendente. Salvini tira di nuovo fuori il lavoro cottimato che ogni tanto fa capolino nel dramma lavorativo italiano. La storia dei voucher è vecchia. Introdotti dal governo Berlusconi 2 nel 2003 entrarono poi nella legge Biagi, divennero operativi nel governo Prodi 2, con il governo Monti e la famigerata riforma Fornero ne venne esteso e liberalizzato l’utilizzo fino a che il governo Gentiloni li ha bloccati a seguito del referendum richiesto dalla Cgil e approvato dalla Corte Costituzionale. Poco dopo dei simil voucher PrestO sono rientrati – come spesso accade – dalla finestra.
Ora Salvini, il “comunista padano”, frequentatore del centro sociale Leoncavallo, ne ripropone il ritorno ufficiale con una motivazione agghiacciante che è stata da sempre il cavallo di battaglia degli sfruttatori e cioè “Meglio un lavoro a tempo che un non lavoro”. La politica sociale di Salvini non è affatto chiara e sconta la contrapposizione tra la linea del ministro dello Sviluppo economico Giorgetti e quella dello stesso leader leghista che ogni tanto ama “buttarla” sul finto sociale. Ma le idee del senatore sono ondivaghe. Basti guardare quello che ha detto sul blocco dei licenziamenti, cambiando più volte idea. La reintroduzione dei voucher proposta dalla Lega è un attacco diretto ai lavoratori e un pericoloso precedente di ulteriore destabilizzazione del lavoro salariato. È il prodromo del ritorno al caporalato che la riforma Giugni aveva spazzato via grazie allo Statuto dei Lavoratori.
Una proposta che darebbe il colpo di grazia ai diritti
Ma in tempi di pandemia e di economia debolissima Confindustria, che ormai parla per voce della Lega, ed è pappa e ciccia con Giorgetti tramite Carlo Bonomi, cerca di dare scacco a Landini e ai sindacati. La Lega ha il suo bacino elettorale tra padroni e padroncini e solo ultimamente si è estesa ai lavoratori delle grandi fabbriche del nord tramite l’azione corrosiva dell’Ugl. Rintrodurre i voucher farebbe il paio con l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, un capolavoro reazionario compiuto da Matteo Renzi, finto progressista e quinta colonna della destra nel Partito democratico.
In realtà già nel giugno 2020 il finto ex comunista padano c’aveva provato a reintrodurre i voucher per compiacere i suoi elettori, ma il governo Conte l’avevo bellamente ignorato. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Giorgia Meloni e la cosiddetta destra sociale che spesso si erge a paladina dei più deboli e degli sfruttati, ma solo a parole perché poi quando c’è da prendere posizione torna lesta all’ovile della destra tout court e li mazzola quando può, naturalmente tra uno slogan rivoluzionario e l’altro. Le proposte di Salvini sono tutte dividenti e destabilizzano il governo. Forse il Matteo padano non ricorda la fine che fece il suo governo dopo le stupidaggini enunciate al Papeete.
Forse Matteo padano non ha capito che come lui perse il ministero dell’Interno e la vicepresidenza – in coabitazione con Di Maio – ora può perdere il ministero dello Sviluppo economico ottenuto immeritatamente dato il suo scarso apporto numerico all’esecutivo. O forse lo sa, ma fa in finto tonto, cercando di portare acqua al mulino di chi è già ricco e spesso non paga le tasse dimenticando però che non si può poi permettere di fare il finto catto-comunista, tra un rosario e l’altro.