Sembra proprio che nella Lega, dopo giorni di assoluto mutismo, sia tornata di colpo la voce. È bastata la condanna dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano (leggi l’articolo), a scatenare la macchina da guerra del Carroccio che, tra talk show e social network, si è lanciata in accuse e prediche. Una strategia comunicativa – secondo i maliziosi – con cui si cerca di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dai tanti guai che attanagliano il partito, sconquassato dal caso di Luca Morisi, l’ex spin doctor di Salvini accusato di droga (leggi l’articolo), e dalla faida interna che in futuro potrebbe deflagrare in una lotta per la leadership del partito. Come sempre accade, ad accendere la miccia è stato Matteo Salvini che per primo ha tuonato: “Altro che dare la caccia agli omosessuali nella Lega, la sinistra in Calabria candida condannati a 13 anni di carcere!”.
VOLANO GLI STRACCI. Una frase che, un po’ come facevano i generali dell’antica Roma, è apparsa come il segnale ai luogotenenti per scatenare l’offensiva. Cosa che, puntuale come un orologio svizzero, è effettivamente avvenuta con il deputato della Lega Edoardo Rixi, componente commissione Trasporti e responsabile nazionale Infrastrutture, che si è lanciato nella mischia spiegando che: “La condanna di Lucano certifica nero su bianco il motivo per cui la sinistra sostiene un certo andazzo: perché ci guadagna. Se poi Salvini e la Lega cercano di smantellare il sistema, allora finiscono nel tritacarne. La sinistra odia Salvini per interesse personale”.
Passano i minuti e le truppe del Capitano invadono perfino le agenzie. Sul verdetto è intervenuto Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, che ha rilanciato il concetto di Rixi: “Ora si capisce perché personaggi come Lucano e molti finti benpensanti di sinistra continuano a volere sbarchi su sbarchi e odiano Matteo Salvini, l’unico che è riuscito a bloccare il loro business. Alla faccia della tanto millantata accoglienza, oggi la giustizia ha fatto emergere il vero volto di chi fa soldi sulla pelle altrui”.
Una partita a cui ha preso parte, tra i tanti, anche il deputato e sottosegretario al Ministero dell’Interno, Nicola Molteni, convinto che “la risposta a questo fallimentare sistema di gestione dell’immigrazione” messo in piedi a Riace, “furono i decreti sicurezza di Salvini, che rivendico” e che, a suo dire, “cancellarli è stato un errore”. Un fuoco di sbarramento che la capogruppo Pd alla Camera, Debora Serracchiani, spiega così: “Le espressioni di Salvini a commento della sentenza”, “lasciano interdetti e mostrano quanto il capo della Lega abbia ormai abbandonato del tutto misura e rispetto. Viene da pensare che un segretario in difficoltà senza precedenti abbia preteso, e ottenuto, da quelli che vengono indicati come suoi principali critici di dimostrargli fedeltà mettendo come al solito l’interesse suo e del suo partito sopra ogni altro”.
Dello stesso avviso la dem Simona Malpezzi che su Twitter scrive: “Le parole di Salvini su Mimmo Lucano sono quelle di un uomo che ha perso il senso della misura e del pudore. Comprendo le difficoltà di questo momento, ma nulla può giustificare frasi così violente e di cattivo gusto. La politica non puo’ scendere tanto in basso”.