di Fausto Cirillo
Beppe Grillo insiste: «Chiederemo l’impeachment, le dimissioni di questa persona che sta andando contro la democrazia e sta cospirando contro milioni di italiani». Questa persona è Giorgio Napolitano, che l’altro giorno ha convocato in tutta fretta i ministri Quagliariello e Franceschini nonché i capigruppo della maggioranza al Senato per dettare i tempi dell’approvazione della riforma elettorale, prima che il prossimo 3 dicembre la Consulta possa dichiarare incostituzionale il Porcellum. Una decisione a dir poco inusuale che ha suscitato le aspre critiche di chi ritiene che Re Giorgio stia forzando il perimetro dei suoi poteri costituzionali. Se possibile, la tardiva convocazione per ieri al Colle delle forze di opposizione ha peggiorato la situazione. Prova ne sia che i capigruppo pentastellati al Senato e alla Camera si sono ben guardati dal salire al Quirinale: «Non siamo né in una Monarchia assoluta né in una Repubblica Presidenziale» hanno commentato Paola Taverna e Alessio Villarosa,.
Una critica che accomuna, sia pure con sfumature e toni diversi, le altre forze all’opposizione. Anche la Lega ieri ha marcato visita al Quirinale: «Non ci piacciono le convocazioni frettolose, fatte all’ultimo minuto solo nel tentativo di rimediare a un errore molto grave» spiegava il capogruppo al Senato Massimo Bitonci. «Quanto accaduto è gravissimo: aver convocato un vertice con la sola maggioranza su un tema parlamentare è sintomo di partigianeria inaccettabile». Mentre il coordinatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto spiegava che «c’è una cosa che è sopra Napolitano. E cioè quella Costituzione che anche lui, soprattutto lui, deve rispettare e difendere. Sicuramente mi sbaglierò ma se la presidenza della Repubblica mi aiuta a trovare, negli articoli dall’83 al 91 della Carta costituzionale, anche solo un minimo appiglio per giustificare ciò che e successo e alcune cose accadute negli ultimi due anni, chiederò scusa con piacere e smetterò di chiedere conto. La mia tristezza è che atteggiamenti di questo tipo avranno come risultato unico quello di rafforzare Grillo e di aumentare la rabbia diffusa». Gli dà ragione l’ultima rilevazione dell’Istituto Ixè, realizzata in esclusiva per Agorà (Rai Tre): nell’ultima settimana l’ex comico ha incassato un’impennata di consensi (+6%), accostandosi proprio a Renzi nella classifica dei leader politici più amati. E il capo dello Stato? Il suo gradimento resta alto ma intanto ha perso 5 punti in pochi giorni. Qualcosa vorrà pur dire.