I tempi sono stretti, anzi strettissimi. La Manovra avrà, sì e no, un mese di tempo per essere approvata alla Camera e si pronostica già da ora che il passaggio a Palazzo Madama ci sarà tra Natale e Capodanno per arrivare a un via libera da parte del Senato sul filo del rasoio, in tempo per il 31 dicembre.
Tempi strettissimi. La Manovra avrà, sì e no, un mese di tempo per essere approvata alla Camera
I parlamentari dunque avranno a disposizione pochissimo tempo per esaminarla e soprattutto pochissime risorse a disposizione. La dote per le modifiche dovrebbe viaggiare attorno ai 500 milioni, la metà di quanto atteso. Oggi pomeriggio a Palazzo Chigi si terrà una riunione con i capigruppo di maggioranza. Obiettivo: frenare gli appetiti degli alleati. E a tal fine si sta studiando di contingentare il numero degli emendamenti segnalati, quelli più urgenti e su cui votare: non più di uno a deputato, massimo 400 in totale.
Oggi la Meloni incontra Calenda per blindarsi
Tra Lega e Forza Italia a scalciare di più sono gli azzurri sebbene anche il partito di via Bellerio non rinuncerà a piantare le proprie bandierine. L’incontro tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il leader di Azione-Italia viva, Carlo Calenda, che precederà il vertice di maggioranza, in questo senso è un messaggio che la leader di FdI intende mandare anche ai suoi alleati. Vale a dire che in caso di defezioni potrebbe utilizzare come stampella il Terzo Polo.
Com’è noto la Manovra ha lasciato malumori e mugugni tra le truppe azzurre. Della promessa fatta da Silvio Berlusconi di portare a mille euro le pensioni è rimasto un aumento irrisorio pari a 45 euro circa che porta le minime a 570-580 euro. Forza Italia chiederà – lo ha ribadito ieri il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè – di portarle almeno a 600 euro. La decontribuzione fino a 6mila euro per chi assume under36, donne e percettori di Reddito di cittadinanza, varrà per tre anni.
Forza Italia chiederà uno scatto di coraggio maggiore per alzare il tetto. Senza dimenticare che gli azzurri sono impegnati nella battaglia per sbloccare i crediti del Superbonus. Battaglia che si gioca nel dl Aiuti quater ma che potrebbe passare anche in Manovra. Il partito di via Bellerio si concentrerà invece sulle richieste per ampliare il perimetro della tregua col Fisco, chiedendo più coraggio sulle misure per lo stralcio delle cartelle esattoriali, e soprattutto chiederà di stoppare la riduzione degli sconti – che sono stati praticamente dimezzati – sulla benzina.
Per chi come Matteo Salvini prometteva l’abolizione totale delle accise sui carburanti appare inaccettabile aver cancellato anche la sforbiciata decisa da Draghi. E non è escluso che qualche deputato provi a far passare anche la proposta del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ovvero negare il Reddito di cittadinanza ai giovani che hanno interrotto il percorso scolastico.
E mentre il ministero dell’Economia sta cercando con acrobazie e gran fatica di far quadrare il cerchio delle coperture – fino a 24 ore fa ballavano 15 miliardi dietro i quali le opposizioni paventano nuovi tagli di spesa e aumenti delle tasse – Meloni tenta di rabbonire Confindustria che ha lamentato non solo l’assenza del taglio shock sul cuneo fiscale che chiedeva nella misura di 16 miliardi (due terzi ai lavoratori e un terzo alle imprese) ma anche la scomparsa dai radar di industria 4.0, di investimenti e in generale di misure di politica imprenditoriale.
Parlando agli industriali veneti, Meloni si rivende l’attacco sferrato ai poveri: “Siamo qui a fare quello che è giusto per la nazione e non utile per noi. La scelta fatta sul reddito di cittadinanza lo dimostra”. E poi promette alle imprese che non verranno disturbate rilanciando il motto del liberi tutti consegnato in Parlamento nel corso dell’intervento per la fiducia al governo.
“Le misure perderanno di qualsiasi efficacia se non riusciremo a garantire alle imprese – dice Meleoni – un contesto differente da quello fin qui trovato nel rapporto con lo Stato e il governo. Sin dal mio insediamento ho sottolineato due principi fondamentali: non disturbare chi produce, e rimettere al centro il confronto con i corpi intermedi”.
Intanto Cgil e Uil preparano la mobilitazione
Rimane sul piede di guerra la Cgil. Maurizio Landini continua a evocare la mobilitazione e se la Cisl – come avvenuto già ai tempi del governo Draghi – non pare voler rispondere all’appello, la Uil comincia a sbilanciarsi. Anche se Pierpaolo Bombardieri si prenderà ancora qualche ora per decidere il da farsi già ieri parlava della necessità di un’azione unitaria a livello sindacale contro le disuguaglianze che questa Manovra produce.