Nonostante Fratelli d’Italia abbia cercato la sponda del governo uscente guidato da Mario Draghi, la prossima manovra di bilancio sarà affare del prossimo esecutivo. Considerata la volontà di Giorgia Meloni di procedere senza uno scostamento di bilancio, per il centrodestra il problema principale sarà recuperare le risorse necessarie a finanziare le prossime misure, dall’emergenza energia al nodo pensioni, dal fisco alle spese indifferibili.
Ebbene tra misure da rinnovare, scadenze da rispettare e desiderata politici già espressi in campagna elettorale, la lista della spesa – a partire da un nuovo decreto da varare forse subito prima della manovra per andare incontro a famiglie e imprese zavorrate dal caro-energia, è lunga. Si calcola che il costo delle misure da finanziare potrebbe addirittura sfiorare i 50 miliardi.
Al via la caccia
E se è vero che dalla Nadef con il calo del deficit di quest’anno si è liberato un tesoretto di 10 miliardi, gli spazi di manovra rimangono strettissimi, considerando che il governo Draghi lascia in eredità una brusca frenata del Pil per il prossimo anno. Dal 2,4% del Def di aprile nel 2023 il Pil dovrebbe attestarsi al +0,6% e, nello scenario avverso di un’interruzione dei flussi di gas dalla Russia, potrebbe scendere al + 0,1%.
Ma anche questa potrebbe essere una previsione ottimistica: gli economisti vedono in arrivo una recessione globale. Ebbene, tra le voci da cui il centrodestra conta di recuperare risorse ci sono il Reddito di cittadinanza, che sta costando in media 7,5-8 miliardi l’anno, e il riordino dei bonus. Tra questi rientra anche il Superbonus 110%. Meloni si rende conto che non può abolirlo pena la rivolta di tutto il mondo imprenditoriale ma ha annunciato che vuole “rivederlo”.
“Penso che il Superbonus debba essere rivisto, riordinando l’intero sistema delle agevolazioni edilizie e dal mio punto di vista uniformando l’entità dei bonus che non dovrebbero mai superare l’80% del costo sostenuto. Personalmente lo indirizzerei prevalentemente verso la prima casa, semplificando le norme e con controlli adeguati”, ha detto la leader di FdI.
Che, sulla scia di quanto detto a più riprese da Draghi, che ha tentato di sabotare il Superbonus in tutti i modi, ha criticato la misura figlia del M5S, dicendo che era “scritta male e applicata anche peggio”. Il che è una vera fake news. Dietro la crescita robusta di quest’anno – al +3,3% – c’è proprio quel Superbonus “tanto scritto male e applicato anche peggio”. Nel secondo trimestre il Pil è risultato in crescita del +1,1%. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno la crescita è stata del +4,7%.
La verità nei numeri
Ebbene se si va a verificare quali comparti abbiano contribuito maggiormente emerge con chiarezza che sono stati gli investimenti. E tre quarti di questo aumento è concentrato in due voci: investimenti in abitazioni, cresciuti più del 33% in due anni e mezzo, e in fabbricati non residenziali e altre opere, cresciute anch’essi del 24%. Solo 3,6 miliardi dei 13,7 complessivi di aumento degli investimenti sono generati in settori diversi dal mattone.
E se l’immobiliare ha trascinato la ripresa post-Covid è stato merito soprattutto del Superbonus. La potenza della misura sta tutta in diversi report come quello che Ance Emilia Area Centro ha commissionato a Nomisma: i 38,7 miliardi di euro finora investiti dallo Stato (oltre 47 ad agosto) hanno generato un ritorno economico pari a 124,8 miliardi, ovvero il 7,5% del Pil, un valore sociale racchiuso nella cifra di 634mila occupati totali, un valore ambientale espresso in 979mila tonnellate di CO2 risparmiata a cantieri conclusi e un risparmio medio annuo in bolletta di 500 euro per ogni beneficiario e di 15,3 miliardi in totale. Quindi il prossimo governo dovrà farsi bene i conti prima di mettere mano alla revisione dei bonus edilizi e in particolare al Superbonus.