di Angelo Perfetti
Nessuno. Il premier Letta rispondendo a una domanda dei giornalisti presenti al G20 su chi dei leader mondiali gli avesse chiesto qualcosa delle fibrillazioni politiche nazionali, ha risposto con una sola parola: “Nessuno”. E’ la testimonianza più cruda e forse più esplicativa di quanto le vicende italiane siano ritenute fondamentali per gli assetti internazionali. Altro che spread che sale e scende a seconda del fatto che Berlusconi venga condannato o Napolitano pensi alla grazia. Altro che rischio default europeo se l’Italia non ritrova la stabilità interna. Le vicende del Belpaese, in buona sostanza, non influiscono sui grandi spostamenti politico economici mondiali. O meglio: non sono così determinanti da spostare le decisioni dei governi piuttosto che i mercati.
La favola dello spread
La favola raccontata attraverso i grandi giornali nazionali che le elezioni sarebbero una iattura per il nostro Paese è, per l’appunto, una favola. Prova ne sia il ritrovato vigore nelle Borse durante gli ultimi giorni, quelli in cui più si ondeggia tra il rischio di nuove elezioni e la possibilità di creare una nuova (risicata) maggioranza. Peraltro, guardando alle ultime stime dell’Ocse sui paesi europei, si nota come in un panorama difficile ma complessivamente in rialzo, l’unica nazione ancora dentro alla recessione mani e piedi è proprio l’Italia. E questo nonostante il governo dei tecnici prima e le larghe intese poi. Pensare alle elezioni, dunque, forse non sarebbe poi un’eresia, e certo non costituirebbe motivo di ansia particolare per i partner internazionali.
Il premier Letta si è fatto scappare quel “nessuno” perché gli è venuto di getto, “a domanda risponde”, ma ha cercato immediatamente di addolcire la pillola: “Del resto – ha detto – c’erano molti temi di cui discutere”. Poi le dichiarazioni sono tornate ad essere “istituzionali”, a difesa – com’è ovvio – dell’operato dell’Esecutivo, anche se in contraddizione con quel laconico “nessuno” rispetto alle nostre vicende interne (strettamente connesse con la capacità dell’Italia di avere un ruolo nella partita internazionale): “Ho trovato qui molto interesse nei confronti dell’Italia – ha detto il premier – molto interessi nei confronti della possibilità e che l’Italia giochi un ruolo, che sia un partner che esce dal guardarsi l’ombelico e dalla logica dell’avvitamento su se stesso. Penso – ha detto il premier al termine del G20 – di dover essere conseguente con questo ragionamento” e dunque che si debbano rispettare “gli impegni che ci siamo presi qui, sia quelli da applicare in Italia che fuori”, come la richiesta di andare in Cina con una missione di imprese. Insomma, ha concluso, “c’è bisogno di un’Italia stabile, sotto tutti i punti di vista: politicamente, finanziariamente in termini di mercati e io lavorerò in questa direzione”.
I dati della crisi
Tutto questo buonismo, però – come detto – fa a pugni con i dati reali dell’Italia. “Come si può fingere – si è chiesto Antonio Di Pietro – di non vedere la drammaticità dei dati diffusi dall`Inps sulla cassa integrazione, che ha registrato un aumento del 12,4% rispetto allo scorso agosto? E come può un Governo che voglia dirsi serio non mettere in campo delle politiche economiche strutturali, per tentare di arginare la disoccupazione, in particolare femminile e giovanile, che ha fatto registrare record negativi?”. Secondo Di Pietro “è questa la realtà con la quale, quotidianamente, sono chiamate a confrontarsi migliaia di famiglie che non arrivano neppure più alla terza settimana del mese. Se Letta girasse anche l`Italia scoprirebbe uno scenario devastante: aumento delle procedure di fallimento per le piccole e medie imprese, proliferazione del lavoro nero, drastica riduzione dei consumi, non solo beni superflui ma addirittura alimentari e sanitari, come non accadeva dal dopoguerra“.
Fisco e compiti a casa
Il premier però respinge le critiche di immobilismo e di incapacità a risolvere i problemi: “Negli altri G20 ci avevano dato i compiti a casa perché eravamo stati malandrini”, ma ora “non ci prendiamo più bacchettate sulle dita, i compiti a casa li abbiamo fatti e ora c’é bisogno di vedere la terra promessa”. “Le sette priorità chieste dall’Italia – ha proseguito – alla fine sono state raggiunte praticamente in toto e compensano la delusione sul tema della Siria”. Letta ha poi spiegato che il nostro Paese si è impegnato, tra l’altro, a ridurre il cuneo fiscale e a far sì che i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese vengano pagati entro il 2016.
Insomma, per il premier italiano Enrico Letta “c’è stata una valutazione positiva” da parte del G20 nei confronti del nostro Paese. “Ho trovato molto importante che l’Italia si sia presentata non più dietro la lavagna, come sorvegliato speciale, e ha agito con piena determinazione, con le mani libere dalle zavorre degli ultimi anni”. Infine una promessa: “In autunno si aprirà una sessione di dialogo con le parti sociali, il capitolo della riduzione del costo del lavoro è un capitolo essenziale. Dobbiamo abbattere il costo del lavoro”.