Il payback sui dispositivi è una legge voluta dal Governo Renzi (ministro della Salute Beatrice Lorenzin) nel 2015, ma attivata da Draghi subito dopo le dimissioni. Ma quali saranno le conseguenze per il Servizio Sanitario Nazionale? Se lo chiede la trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, in onda domani sera, con un’inchiesta di Luca Bertazzoni.
Le storture del Payback introdotto dal Governo Renzi e attuato da Draghi
Le Regioni sforano il tetto di spesa per l’acquisto dei dispositivi medici e le aziende fornitrici devono risponderne restituendo fino al 50% di quanto incassato dalle gare di appalto. Più di 4000 piccole e medie imprese del settore rischiano di chiudere e, senza regole certe, hanno smesso di partecipare alle gare. Pochi giorni fa, il Consiglio dei ministri ha approvato una norma che prevede uno sconto di 1,1 miliardi di euro sui 2,2 inizialmente richiesti. La differenza ce la metterà il Governo che ha preso i soldi dal sostegno alle famiglie contro il caro bollette. Risultato: i pazienti rischiano di non poter usufruire di materiali adeguati nelle cure? Dovremo rivolgerci alla sanità privata?
Tutti i rischi per la Sanità pubblica nell’inchiesta di Report
Payback, tradotto significa “recupero”, ma secondo il dizionario Garzanti anche “vendetta”. Siamo certi che lo spirito con cui nel 2015 il governo Renzi, ministro della salute Lorenzin, aveva concepito la legge fosse quello di sistemare la spesa della sanità. Siamo però altrettanto certi che una volta fatta la legge sia venuto il sospetto che potesse esser percepita come una vendetta. E infatti non l’hanno attuata. Cosa diceva la legge?
Se una regione supera il tetto di spesa stabilito, scatta l’obbligo per ciascuna azienda fornitrice di dispositivi medici di contribuire restituendo fino al 50% del fatturato della fornitura. Insomma quella che sembrava un’iniziativa virtuosa si è trasformata in una legge illogica, probabilmente incostituzionale e soprattutto dannosa. Il governo Renzi ha lasciato la patata bollente ai governi successivi. L’ha attuata Draghi, ma quando già si era dimesso. Le aziende avrebbero dovuto restituire alle Regioni, solo per il quadriennio 2015-2018, 2,2 miliardi di euro entro il prossimo 30 aprile. Questo era quello che stabiliva il decreto Aiuti bis. Ma aiuti per chi? Oltre 4 mila piccole medie imprese italiane rischiano il fallimento, 120 mila lavoratori rischiano di rimanere per strada, la sanità pubblica senza bisturi, protesi, pacemaker, valvole, stent e altri strumenti utilizzati per la microchirurgia fondamentali per salvare le vite umane.
La legge prevede che quando una regione supera il tetto di spesa sui dispositivi medici, le aziende contribuiscono a ripianare il debito restituendo fino al 50% del fatturato delle forniture. In particolare apprensione ci sono le ditte fornitrici di Toscana e Puglia perché sono le maglie nere in quanto a sforamento: 850 milioni di euro nel quadriennio 2015-2018 per la prima, 530 milioni per la seconda. Eppure avevano istituito due centrali di acquisto che avrebbero dovuto ottimizzare i costi e snellire le procedure. Quanto hanno snellito e risparmiato? La risposta nella puntata di domani.