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Le promesse tradite della destra sulle pensioni

Quanto fatto dal governo sulle pensioni cozza contro le promesse fantasmagoriche dei partiti di Centrodestra.

Le promesse tradite della destra sulle pensioni

Come ogni estate che si rispetti, anche questa, visto l’appropinquarsi della legge di Bilancio, ha portato con sé il solito dibattito sulle pensioni. Nell’affastellarsi di “quote”, “finestre” e “scivoli” che più che altro paiono salite, nel prossimo futuro per gli italiani sarà sempre più difficile uscire prima dal lavoro. Non è di certo una novità: del resto, già con le prime due Manovre il governo ha ridotto quanto più possibile tale possibilità, con l’obiettivo, nemmeno troppo velato, di fare cassa.

Tanto Ape sociale quanto – e soprattutto – Opzione donna sono state pesantemente modificate, mentre Quota 103, come avevamo scritto su questo giornale in tempi non sospetti (si veda “La Notizia” del 18 novembre 2023), si è rivelata un fiasco totale. Nel primo scorcio del 2024, complice il ricalcolo contributivo dell’assegno, per la misura che prevede un’anzianità anagrafica di almeno 62 anni e una contributiva minima di 41 anni sono arrivate all’Inps appena 7mila domande; di questo passo, a fine anno potrebbero essere circa la metà di quelle stimate (17mila).

Circostanze che cozzano contro le promesse fantasmagoriche fatte dai partiti di Centrodestra nell’ultima campagna elettorale. Un breve riassunto. FdI: innalzamento delle pensioni minime sociali, aumento strutturale e progressivo delle pensioni di invalidità, ricalcolo – oltre un’elevata soglia – delle pensioni d’oro, rinnovo della misura “Opzione donna”, un sistema pensionistico che garantisca anche le giovani generazioni e chi percepirà l’assegno solo in base al regime contributivo, rivalutazione dei trattamenti pensionistici erogati per fare fronte alla svalutazione monetaria; Lega: Quota 41, pensione vecchiaia donne a 63 anni (oggi 67, ndr) con almeno 20 anni di contributi, pensione di garanzia per i giovani, rivalutazione delle pensioni calcolata sulla base dell’indice Istat registrato al 31 dicembre dell’anno precedente a quello oggetto di rivalutazione, rendere strutturale Opzione donna, proroga di Ape social, estensione della possibilità agevolata di riscatto contributi per il periodo relativo al percorso di laurea; FI: 1.000 euro al mese di pensione alle mamme e alle nonne per 13 mensilità, aumento delle pensioni minime e di invalidità a 1.000 euro al mese per 13 mensilità.

Lasciamo al lettore ogni considerazione. Certo è che il “giro di vite” del governo su questa materia un effetto l’ha avuto anche sull’occupazione: impedire a chi avrebbe voluto/potuto andarsene, difatti, ha finito col “gonfiare” il numero di persone impiegate. Mentre i cassintegrati, conteggiati fra gli occupati (fino a 3 mesi di assenza dal lavoro), sono cresciuti del 20,12% rispetto al 2023. Insomma: non è tutto oro quel che luccica.